Ho sempre creduto che, inevitabilmente, verrà il tempo in cui la donna sarà giudicata secondo gli stessi standard morali applicati all’uomo. Perché non è la sua specifica virtù che le conferisce un posto d’onore nella società umana, ma il valore della missione utile compiuta da lei, il valore della sua personalità in quanto essere umano, come cittadina, come pensatrice, come combattente.
Alexandra Kollontai, rivoluzionaria marxista, è stata la prima donna al mondo a diventare ministra.
Nacque a San Pietroburgo il 31 marzo del 1872 in una famiglia benestante, ricevette un’ottima istruzione, parlava diverse lingue straniere.
Rifiutò un matrimonio di convenienza e, contro la volontà dei genitori, sposò un lontano cugino dal quale ebbe un figlio, Michail, separandosi dopo 3 anni.
Nel 1898 si trasferì a Zurigo per seguire all’Università le lezioni di economia politica di Heinrich Herkner, andò poi in Inghilterra a studiare il movimento operaio.
I suoi orientamenti giovanili per il populismo rivoluzionario, maturarono verso un marxismo più ortodosso e si avvicinò alle posizioni di Lenin e di Rosa Luxemburg.
Ritornata in Russia, nel 1903, militò nella socialdemocrazia.
Il 9 gennaio 1905 fu con gli operai che marciarono verso il Palazzo d’Inverno, prese parte alle giornate che seguirono dove si distinse come brillante oratrice, in quell’occasione conobbe Lenin.
Negli anni che seguirono, contraddistinti dalla feroce repressione zarista, svolse intensa attività tra le operaie di Pietroburgo.
In quel periodo iniziò a approfondire il suo impegno sulla questione dell’emancipazione e liberazione della donna pubblicando Gli elementi sociali della questione femminile.
Nel 1905, a Mannheim, partecipò alla IV Conferenza femminile della Socialdemocrazia tedesca e due anni dopo a Stoccarda, alla Conferenza femminile dell’Internazionale socialista, sostenne il diritto al voto delle donne.
Nel 1908, al Primo congresso femminile pan-russo organizzò un gruppo di lavoratrici con un proprio programma che si distingueva dal movimento femminista europeo.
Venne processata per due volte con le accuse di svolgere attività antigovernativa tra le operaie tessili e di aver fatto appello alla rivolta nel suo opuscolo La Finlandia e il socialismo.
Fu costretta a scappare dalla Russia, riparò in Germania dove militò nel Partito Socialdemocratico scrivendo sulla Pravda di Trotsky. Ha collaborato anche al giornale la Voce delle operaie.
Al Congresso internazionale Socialista di Basilea del 1912, ha realizzato un piano di assistenza alla maternità che venne, in parte, adottato in Russia nel 1918. Ha redatto una proposta di legge sull’assistenza sociale della maternità da presentare alla Terza Duma.
Allo scoppio della guerra mondiale, condividendo le posizioni antimperialiste di Lenin, si unì ai bolscevichi.
Fra il 1915 e il 1916 ha viaggiato attraverso l’America per perorare la causa socialista e promuovere varie conferenze di pace. Nel febbraio del 1917, quando venne abbattuto il regime zarista, ha fatto ritorno in patria dove è stata la prima donna eletta al Comitato esecutivo del Soviet di Pietrogrado e referente di Lenin.
Nell’ottobre del 1917, Alexandra Kollontai è entrata a far parte del governo rivoluzionario, il Consiglio dei Commissari del Popolo, e nominata commissaria del popolo per l’Assistenza sociale, è stata la prima donna al mondo a diventare ministra.
Durante il suo incarico venne decretata la distribuzione ai contadini delle terre appartenenti ai monasteri, l’istituzione degli asili nido statali e l’assistenza alla maternità.
La sua opposizione al trattato di Brest-Litovsk le costò il posto al governo.
Fu contraria all’introduzione, voluta da Lenin, della nuova politica economica dopo il fallimento del comunismo di guerra. Era una vera libera pensatrice e, pur ammirandone il pensiero, considerava il padre della rivoluzione bolscevica un leader rispettabile, ma non un idolo né un vate.
Sosteneva il libero amore, nella convinzione che il matrimonio tradizionale, in una società repressiva e fondata sulla ineguaglianza tra i sessi, fosse una ulteriore produzione di sfruttamento della donna.
Riteneva che la liberazione sessuale fosse una premessa necessaria alla realizzazione di una libera società socialista.
È stata tra le organizzatrici del Primo Congresso delle donne lavoratrici russe dal quale nacque lo Żenotdel per promuovere la partecipazione delle donne alla vita pubblica, iniziative sociali e la lotta all’analfabetismo.
Grazie al suo impegno, le donne ottennero il diritto di voto e quello di essere elette, l’accesso all’istruzione, all’assistenza durante la maternità, la parità salariale, il divorzio e il diritto all’aborto.
Nel 1918, sposò il capo dei marinai bolscevichi della flotta del Baltico, Pavel Dybenko, secondo la nuova legge matrimoniale da lei stessa proposta.
Era convinta che le donne fossero entrate, con la rivoluzione del 1917, nell’epoca della loro definitiva liberazione, sia dallo sfruttamento capitalistico che dalla condizione di sfruttamento e inferiorità riservata loro dalla cultura borghese e dal capitalismo.
Dal 1923, in contrasto con la politica di Stalin, si ritirò dalla politica attiva e intraprese la carriera diplomatica.
È stata tra le prime ambasciatrici al mondo, in Messico, Norvegia e Svezia.
Tra il 1923 e il 1927 ha scritto novelle e romanzi raccolti in tre volumi. Ha fatto anche parte della delegazione sovietica alla Società delle Nazioni.
Ritiratasi dal lavoro nel 1945, è morta a Mosca il 9 Marzo del 1952.
#unadonnalgiorno