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Greta Garbo

Greta Garbo La Divina

Greta Garbo è una della più grandi attrici di sempre, icona di bellezza e eleganza.

Passata alla storia come La Divina, nacque col nome di Greta Lovisa Gustafsson a Stoccolma il 18 settembre 1905, in un quartiere popolare. Nel 1920, in seguito alla morte del padre, un uomo ubriacone e violento, per complicazioni dovute all’influenza spagnola, passò un periodo di sacrifici e ristrettezze economiche. Lasciò la scuola a tredici anni e iniziò a lavorare come commessa in un negozio di moda. Bionda, alta e formosa, era la commessa più bella, le chiesero di posare per un manifesto pubblicitario. La sua immagine colpì Erik A. Petschler, regista di commedie, che la chiamò per un piccolo ruolo in un film.

Successivamente vinse una borsa di studio per la Regia Accademia di Stoccolma. Nel 1924 il regista Mauritz Stiller, finlandese scappato in Svezia per evitare di finire nell’esercito dell’impero russo, la volle come protagonista nel suo film I cavalieri di Ekebù.

Stiller, che era uno dei più geniali ed eccentrici registi dell’epoca, prese Greta sotto la sua ala protettrice, le scelse il nome d’arte, le fece da maestro e da pigmalione, ne trasformò aspetto e modi e la portò a Hollywood. Ben presto, però, il regista capì che era solo l’attrice a interessare. Nel novembre del 1925 Greta Garbo girò il primo film americano, Torrent. Fu un successo. In pochissimo tempo divenne uno dei volti più noti e una delle interpreti più richieste.

Fino al 1937 girò una serie di pellicole in cui  interpretò un susseguirsi di provocanti seduttrici avide e ciniche. Le produzioni holliwoodiane la volevano solo così: spia spietata, assassina e doppiogiochista, aristocratica viziata o moglie infedele.

Tutti ruoli che detestava; iniziò con i capricci da diva: pretendeva dei separé sul set, voleva essere pagata sempre di più, non accettava giornalisti fra i piedi.

Stiller a Hollywood, ci rimase giusto un paio di anni; incompreso, tornò in Svezia, dove si suiciderà nel 1928.

Greta Garbo invece restò a Hollywood, dove interpretò ruoli da tentatrice o da amante sofferente: recitò tra gli altri in La donna divina, La donna misteriosa, Orchidea selvaggia e Donna che ama.

Sebbene non amasse lo stereotipo femminile che la costringevano a rappresentare, furono questi personaggi e il loro mistero, a contribuire in maniera determinante a creare il suo mito.

Nel frattempo cambiò il cinema e arrivò il sonoro, che stroncò le carriere di molti interpreti dalla grande presenza e dalla brutta voce o, semplicemente, di attori e attrici stranieri il cui accento divenne un problema. Il primo film in cui gli spettatori sentirono la voce di Garbo fu Anna Christie, del 1930, un film drammatico che fu promosso con due parole: “Garbo talks“, cioè “Garbo parla”.

Il primo regista che cercò di strappare la Garbo al cliché per valorizzare le sue qualità artistiche è Ernst Lubitsch nel 1939, il film è Ninotchka. La produzione lo pubblicizzò scrivendo a caratteri cubitali sui manifesti: La Garbo ride!  Era la prima volta che l’attrice rideva sullo schermo di un cinema.

Nel corso della carriera Greta Garbo ha interpretato dieci film muti e quindici sonori, alcuni dei quali sono pietre miliari della storia del cinema, da Mata Hari e Grand Hotel (1932), a La Regina Cristina (1933), Anna Karenina (1935).

Nei suoi anni a Hollywood si era fatta notare per la sua timidezza: si racconta che chiedeva di poter girare alla presenza di pochissimi membri della troupe (spesso nemmeno del regista) e, anche quando non recitava, concesse pochissime interviste e lasciò trapelare pochissimi dettagli sulla sua vita privata.

Pur negandosi alla stampa, dilagavano i gossip sul suo conto, dalla sua bisessualità e  refrattarietà al matrimonio, nonostante la nota relazione con John Gilbert, una delle più osannate star del cinema muto. Le memorie dell’ereditiera ispano-americana Mercedes de Acosta, dichiaratamente lesbica, che racconta delle loro gite a seno nudo in Sierra Nevada, non fecero che accrescere l’idea di una diva assidua dei salotti dall’élite lesbo-chic di cui faceva parte anche Marlene Dietrich, con la quale avrebbe avuto una relazione amorosa. Greta Garbo alimentava queste voci con atteggiamenti anticonformisti e con un look che la vedeva spesso a suo agio soprattutto in abiti maschili.

Insofferente allo star system e alla mondanità, non sopportava che si parlasse della sua vita privata, delle sue passioni, e forse proprio quest’ossessione per la segretezza spiega il suo precoce addio alle scene a 36 anni. Il suo ultimo film, Non tradirmi con me di George Cukor, uscito nelle sale nel 1941, in piena guerra mondiale, fu un fiasco.

Subito dopo la guerra fu accusata anche di non aver fatto niente per aiutare gli Alleati durante il conflitto; lei non rispose, ma negli anni Settanta un librò parlò di un suo ruolo nell’individuare per i britannici i simpatizzanti nazisti in Svezia.

L’attrice decise di ritornare nell’anonimato, nel pieno della fama, forse appena in tempo per poter restare per sempre il prototipo della diva per eccellenza.

Nel 1950 prese la cittadinanza americana, si trasferì a New York, e nel 1955, dopo quattro nomination per pellicole come Anna Christie, Romanzo, Margherita Gauthier, Ninotchka, ottenne un Oscar alla carriera, che non andò a ritirare. 

Greta Garbo è nota per aver introdotto una sottigliezza recitativa spesso sconosciuta nel cinema di quegli anni, travalicando i suoi personaggi spesso non particolarmente interessanti e sfaccettati. Era apprezzata per il modo in cui sapeva suggerire grandi sentimenti con pochissimi movimenti.

Nessuno è mai riuscito a riportarla sul set, né Fellini, né Visconti (nel ruolo della duchessa di Guermantes in una riduzione della Recherche di Proust mai realizzata). Il resto della sua vita l’ha vissuto come una donna qualsiasi. Ancor più che nel suo periodo da attrice, le foto di lei in quegli anni sono spesso rubate o scattate di sfuggita, con il suo volto almeno in parte coperto.

Aveva un innato senso per l’eleganza e la capacità di rendere sexy i ruoli da femme fatale con il suo stile androgino, ma il dono più raro era nello sguardo magnetico, indimenticabile.   

Per gran parte della sua carriera, e per grandissima parte della sua vita, Greta Garbo non solo non diede interviste: non rispose nemmeno alle lettere dei fan, non partecipò alle anteprime dei suoi film e non firmò autografi. Si racconta che nei suoi anni da attrice fosse solita minacciare chi non voleva ascoltare le sue opinioni che sarebbe “tornata in Svezia” e che la frase in genere bastava a far sì che si facesse come voleva lei.  Sembra che il ruolo che avrebbe voluto fare, e che nessuno le fece fare, fu quello di Giovanna d’Arco.

Si è spenta a New York il 15 aprile 1990 all’età di 85 anni. Il muro di riserbo che aveva costruito intorno a sé per tutta la vita, a protezione della sua privacy, si infranse quando vengono ritrovate le sue lettere all’intima amica Salka Viertel, firmate GG o Tusha. Da decenni riceveva solo i pochi e fidati amici nella sua enorme casa-rifugio, al quinto piano di un palazzo vicino a Manhattan, fra libri rivestiti di marocchino rosso e verde e una collezione preziosa di quadri, fra i quali molti Renoir appesi a pareti rosa salmone, il suo colore preferito.

#unadonnalgiorno

 

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