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Nikole Hannah-Jones premio Pulitzer 2020

Nikole Hannah-Jones premio Pulitzer 2020

Gli ideali fondanti della nostra democrazia erano falsi quando sono stati scritti. I neri americani hanno lottato per renderli veri.

Nikole Hannah-Jones è una giornalista investigativa statunitense che, il 5 aprile 2020, ha  vinto il Premio Pulitzer per l’articolo, La conquista dell’America sul New York Times Magazine, giornale su cui scrive dal 2015 coprendo le notizie che riguardano le ingiustizie razziali.

È ideatrice del famoso Progetto 1619 che riformula la comprensione della storia e il contributo dei neri americani alla nazione. Una serie di articoli a cavallo tra giornalismo e storiografia in occasione del quattrocentesimo anniversario dell’inizio della schiavitù negli Stati Uniti. L’obiettivo è dimostrare come ogni aspetto della società americana sia in qualche modo legato al passato schiavista del paese. O meglio, non legato — fondato. Si parla di produzione dello zucchero, sistema educativo, redlining (il criterio di assegnazione di assistenza federale su base geografica che ha enormemente contribuito a perpetuare discriminazioni razziali dagli anni ’30 in avanti), black music, incarcerazione e violenza e molto altro. Suggerisce che il 1619, l’anno dell’arrivo in Virginia della prima barca di persone di colore destinate a essere vendute come schiavi, dovrebbe rimpiazzare il 1776 come la vera data di fondazione del paese (proposta che ha fatto letteralmente dare di matto molti Repubblicani, come era prevedibile).

La serie è innovativa sotto tantissimi punti di vista, per format, approccio e contenuti. Guardandola con l’occhio dello storico, è davvero significativo che sia stata elaborata e attuata una riuscita operazione di storia pubblica, che ha permesso di allargare a un pubblico mainstream un dibattito scientifico che spesso è limitato alle aule universitarie. Ha mostrato come il dibattito storiografico scientifico – fatto con i dovuti crismi e supportato da un giornalismo colto e consapevole – possa diventare il faro guida del dibattito pubblico sull’identità di una nazione. Un mosaico che vede la discussione sull’institutional racism farsi sempre più strada nel dibattito pubblico statunitense. Forse ci siamo messi alle spalle le invocazioni alla ‘responsabilità individuale’ degli anni Novanta, quando sembrava ragionevole credere che i colpevoli della perdurante condizione di inferiorità degli afroamericani fossero i padri e le madri di famiglia che non erano sufficientemente severi coi propri figli, o che i criminali afroamericani fossero ‘superpredators’ con qualche predisposizione a infrangere la legge ‘naturalmente’ insita nel colore della pigmentazione della loro pelle.

Nikole Hannah-Jones è nata nello Iowa nel 1976, suo padre è afroamericano e sua madre di origini ceche e inglesi. 

Si è laureata nel 1998, in storia e studi afroamericani, master, nel 2003, alla Hussman School of Journalism and Media dell’Università del North Carolina.

Nel 2007, per il 40° anniversario dei tumulti di Watts del 1965, scrive dell’impatto sulla comunità per la Commissione consultiva nazionale sui disordini civili, nota anche come Commissione Kerner.

Dal 2008 al 2009, riceve una borsa di studio dall’Institute for Advanced Journalism Studies, che le ha permesso di andare a Cuba per studiare l’assistenza sanitaria universale e il sistema educativo sotto Raul Castro.

Nel 2011, entra a far parte dell’organizzazione no-profit ProPublica, che si occupa di diritti civili e ha continuato la ricerca, iniziata in Oregon, per approfondire le relazioni investigative sull’incapacità decennale del governo federale di far rispettare il punto di riferimento del Fair Housing Act del 1968, per le minoranze.

Nel 2015 viene assunta al New York Times. È considerata un’autorità su argomenti come: segregazione razziale, desegregazione e risegregazione nelle scuole americane e la discriminazione abitativa. 

Scrive per scoprire e esporre il razzismo sistemico e istituzionale perpetuato da leggi e atti ufficiali.  Descrisse il distretto scolastico in cui era stato fucilato l’adolescente Michael Brown, come uno dei più segregati e impoveriti dell’intero stato del Missouri, mostrando come la disuguaglianza educativa possa essere stata un fattore nella sfortunata morte del giovane.

Nel 2016, ha fondato con a Ron Nixon, Corey Johnson e Topher Sanders, l’Ida B. Wells Society for Investigative Reporting, un’organizzazione di formazione e tutoraggio dedicata a aumentare i ranghi dei giornalisti investigativi di colore, denunciare le ingiustizie perpetuate dal governo e difendere le persone soggette a sfruttamento e discriminazione.

 Il mio lavoro mette a dura prova la nostra ipocrisia, costringendoci a confrontarci con verità che preferiamo ignorare.

#unadonnalgiorno

 

 

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