Che cosa intendiamo quando chiediamo giustizia, come donne?
Noi chiediamo che anche nelle aule dei tribunali, ed attraverso ciò che avviene nelle aule dei tribunali, si modifichi quella che è la concezione socio-culturale del nostro Paese, si cominci a dare atto che la donna non è un oggetto.
Noi donne abbiamo deciso, e Fiorella in questo caso a nome di tutte noi – noi le siamo solamente a lato, perché la sua è una decisione autonoma – di chiedere giustizia. Ecco, questa è la nostra richiesta.
La difesa è sacra, ed inviolabile, è vero.
Ma nessuno di noi avvocati – e qui parlo come avvocato – si sognerebbe d’impostare una difesa per rapina così come s’imposta un processo per violenza carnale.
Nessuno degli avvocati direbbe, nel caso di quattro rapinatori che con la violenza entrano in una gioielleria e portano via le gioie, i beni patrimoniali sicuri da difendere, ebbene, nessun avvocato si sognerebbe di cominciare la difesa, che comincia attraverso i primi suggerimenti dati agli imputati, di dire ai rapinatori
“Vabbè, dite che però il gioielliere ha un passato poco chiaro, dite che il gioielliere in fondo ha ricettato, ha commesso reati di ricettazione, dite che il gioielliere un po’ è un usuraio, che specula, che guadagna, che evade le tasse!”
Ecco, nessuno si sognerebbe di fare una difesa di questo genere, infangando la parte lesa soltanto.
E nessuno lo farebbe nemmeno nel caso degli espropri proletari – ma questi sono avvocati che certamente non difendono nessuno che fa esproprio proletario.
Ed allora io mi chiedo, perché se invece che quattro oggetti d’oro, l’oggetto del reato è una donna in carne ed ossa, perché ci si permette di fare un processo alla ragazza?
E questa è una prassi costante: il processo alla donna.
La vera imputata è la donna.
E scusatemi la franchezza, se si fa così, è solidarietà maschilista, perché solo se la donna viene trasformata in un’imputata, solo così si ottiene che non si facciano denunce per violenza carnale.
Io non voglio parlare di Fiorella, secondo me è umiliare una donna venire qui a dire “non è una puttana”.
Una donna ha il diritto di essere quello che vuole, e senza bisogno di difensori.
E io non sono il difensore della donna Fiorella, io sono l’accusatore di un certo modo di fare processi per violenza, ed è una cosa diversa.
Tina Lagostena Bassi, una delle principali e più agguerrite avvocate per la difesa dei diritti delle donne.
Celebre per aver difeso i diritti di Donatella Colasanti contro Angelo Izzo nel processo sul Massacro del Circeo, e della vittima di violenza carnale nel primo Processo per stupro ad essere filmato e mandato in onda dalla RAI.
In linea con il suo impegno per le cause femminili è diventa una delle socie fondatrici del Telefono Rosa.