Spero di aver contribuito a far conoscere la fotografia come l’arte del nostro secolo.
Germaine Krull, tra le più importanti fotografe del ventesimo secolo, è stata pioniera della fotografia d’avanguardia e del fotogiornalismo moderno.
Ha trattato, con stile documentaristico e dal suo punto di vista di donna, politica e disuguaglianze sociali. Ha sperimentato una varietà di tecniche tra cui la doppia esposizione, il fotomontaggio e lo scatto da angolazioni estreme.
Nata il 20 novembre 1897 a Poznan, nell’attuale Polonia da una famiglia tedesca, ha viaggiato per l’Europa fin dalla più tenera età a causa del lavoro del padre, ingegnere itinerante e libero pensatore.
Cresciuta in un ambiente estremamente libero, anticonformista e politicamente attivo, si è diplomata in fotografia a Monaco, dove aveva aperto uno studio come ritrattista e fatto parte del fermento intellettuale, artistico e politico della città.
A vent’anni aveva aderito al Partito Comunista Tedesco, imprigionata. è stata costretta a fuggire prima in Austria e poi in Russia.
Il suo studio era diventato il luogo di incontro di militanti anarchici, comunisti russi e socialdemocratici.
Nel novembre 1918 ha preso parte al raduno di massa sul Theresienwiese per chiedere la fine della guerra, il punto di partenza della Rivoluzione di novembre e l’avvento dello Stato Libero di Baviera. L’anno seguente ha preso parte alla Repubblica Bavarese dei Consigli e nel 1921 partecipato al Terzo Congresso dell’Internazionale Comunista a Mosca, da dove è stata espulsa come controrivoluzionaria per le sue posizioni radicali.
Dopo queste esperienze si è allontanata dall’attivismo politico per dedicarsi esclusivamente alla fotografia, parte integrante della sua vita e potente forma di espressione.
Nel 1922 si è trasferita a Berlino dove ha preso a frequentare gli ambienti dadaisti ed espressionisti.
L’ambiente culturale della capitale tedesca e gli stimoli delle avanguardie hanno modellato la sua fotografia in modo irreversibile e contribuito a plasmare il suo stile fotografico, aprendolo a suggestioni provenienti dal teatro, dal cinema, dalla letteratura e da altri media.
Tra i vari soggetti, ha realizzato una serie di ritratti di nudi poi catalogati come “satire di pornografia lesbica”, immagini sovversive attraverso le quali ha sfidato le esperienze visive convenzionali.
Servendosi dell’immaginario pornografico ha sovvertito la purezza dello stile pittorialista e, giocando con le rappresentazioni di genere, ha mostrato donne che guardano altre donne, sostituendo “una collaborazione attiva, allo sguardo maschile convenzionale che controlla un nudo docile“.
L’amore lesbico è stata anche un’esperienza personale che ha riportato nella sua autobiografia.
Dopo aver sposato il documentarista olandese Joris Ivens, tra i fondatori del collettivo di artisti d’avanguardia Filmliga si era trasferita con lui a Amsterdam. Un matrimonio di convenienza grazie al quale avrebbe ottenuto un passaporto olandese e una condizione di “rispettabilità” senza dover rinunciare alla sua autonomia e alla sua carriera. Insieme hanno realizzato diversi cortometraggi.
Gli stimoli provenienti dai circoli intellettuali olandesi, dove si confrontavano i teorici del cinema russo, olandese, tedesco, la portarono a sviluppare le sue grandi opere di montaggio e la serie di fotografie industriali iniziata in Olanda e poi proseguita in Francia che è alla base della sua opera più famosa, Métal. Una raccolta di 64 foto in bianco e nero di ponti e strutture industriali di Rotterdam, Amsterdam, Marsiglia e della Torre Eiffel di Parigi, una metafora del mondo moderno letta attraverso l’estetica della Nuova Visione e trasformata in materia d’arte.
Ancora oggi è considerato uno dei più importanti libri fotografici della storia.
Nella seconda metà degli anni venti del secolo scorso, si è spostata in una Parigi intrisa dell’avanguardia più stimolante.
Ha lavorato come fotografa di moda per grandi stilisti come Paul Poiret, Lucien Lelong e Sonia Delaunay, pubblicando un gran numero di fotografie in riviste femminili, tra cui il supplemento di Frankfurter Zeitung, Für die Frau. Nell’ambiente artistico parigino ha conosciuto e ritratto personaggi come André Malraux, Colette, Jean Cocteau, André Gide.
Nel 1928 era considerata una delle fotografe più importanti e richieste, capace di muoversi con destrezza dalla fotografia più impegnata ai nudi.
Il riconoscimento ottenuto da Métal nell’ambiente delle avanguardie artistiche le aveva procurato numerosi incarichi da parte della nuova rivista VU, il primo grande settimanale illustrato francese che poneva la fotografia al centro del suo progetto editoriale.
In seguito all’occupazione nazista della Francia ha aderito al Fronte per la Liberazione e diretto per due anni il Servizio fotografico della Francia Libera.
Nel 1945 è stata inviata come corrispondente in Indocina. Successivamente è stata in Brasile, passando dalla Martinica e dalla Guyana, per poi raggiungere il Congo francese. Una vita costantemente in viaggio e alla ricerca di nuove esperienze. È stata corrispondente in Indocina e poi a Bangkok dove per vent’anni è stata proprietaria del celebre Hotel Oriental.
Negli anni Sessanta si è ritirata a vivere coi rifugiati tibetani nel Nord dell’India, sposandone la causa. Lì ha realizzato il libro Tibetans in India.
È tornata definitivamente in Europa nel 1983, per trascorrere gli ultimi anni accanto alla sorella Berthe.
È morta a Wetzlar in Germania il 31 luglio 1985.
Il suo archivio è depositato a Essen, al Museo Folkwang.
Curiosa e instancabile, ha avuto mille vite, ha spaziato dall’impegno politico ai ritratti delle celebrità, dalla fotografia di guerra alle foto della gente comune, passando per la fotografia di moda, l’archeologia industriale, i nudi e molto altro ancora.
Il suo lavoro, che ha attraversato quasi un secolo, ha espresso tutta la forza e il coraggio di una donna che non ha mai seguito le regole e si è sempre lasciata guidare solo dall’istinto e dall’obiettivo della sua macchina fotografica.
#unadonnalgiorno