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Anna Kuliscioff, la dottora dei poveri

Anna Kuliscioff

Tutti gli uomini, salvo poche eccezioni, e di qualunque classe sociale, considerano come un fenomeno naturale il loro privilegio di sesso e lo difendono con una tenacia meravigliosa, chiamando in aiuto Dio, chiesa, scienza, etica e leggi vigenti, che non sono altro che la sanzione legale della prepotenza di una classe e di un sesso dominante.

Anna Kuliscioff è stata una rivoluzionaria, medica e giornalista russa naturalizzata italiana. Arrestata varie volte, svolse un’intensa attività gratuita a Milano, per cui veniva chiamata la “dottora dei poveri”.

È stata cofondatrice e tra le principali esponenti del Partito Socialista Italiano, apparteneva alla corrente riformista. Militò attivamente nel movimento per l’emancipazione delle donne.

Nacque col nome di Anja Rosenstein a Sinferopoli, in Crimea, il 9 gennaio 1855, in una ricca famiglia ebrea di commercianti. Nel 1871 andò a studiare filosofia all’Università di Zurigo.

Rientrata in Russia fece parte della cosiddetta andata verso il popolo, il lavoro nei villaggi al fianco dei contadini per condividerne la misera condizione, convinta della necessità dell’uso della forza per liberarsi dall’oppressione.

A causa della sua attività rivoluzionaria venne processata e scappò in Svizzera. Per evitare di essere rintracciata dagli emissari zaristi, cambiò il suo cognome in Kuliscioff, che denotava persone di basso grado sociale.

Si innamorò di Andrea Costa, rivoluzionario romagnolo, che condivideva i suoi ideali e lotte e col quale si trasferì prima a Parigi e poi a Firenze, dove venne arrestata con l’accusa di cospirazione anarchica.

Dopo vari andirivieni e arresti tra Italia e Svizzera, in cui contrasse varie malattie tra cui la tubercolosi e l’artrite che la tormentò per tutta la vita, nel 1881 diede alla luce la figlia Andreina. Quando la relazione tra i due terminò, Anna Kuliscioff, tornò in Svizzera e si iscrisse alla facoltà di medicina di Berna. Continuò gli studi a Napoli, dove, dopo una ricerca sulle origini batteriche della febbre puerperale svolta a Pavia con Camillo Golgi, futuro premio Nobel, si laureò, nel 1886. Specializzata in ginecologia, con la sua tesi contribuì alla scoperta che avrebbe salvato milioni di donne dalla morte dopo il parto.

Iniziò a esercitare la professione a Milano dove  offriva assistenza ginecologica gratuita alle donne povere dei quartieri più degradati.

Legata sentimentalmente a Filippo Turati, trasformarono la loro casa nella redazione di Critica sociale, rivista che diressero assieme, dal 1891. Nel salotto c’era un piccolo divano verde, oggi custodito nella Fondazione che porta il suo nome, dove Anna Kuliscioff riceveva a ogni ora del giorno personaggi della cultura, della politica, ma anche persone umili che andavano a chiederle consiglio e sostegno.

Sempre in prima linea nelle lotte sociali, fu al fianco delle operaie tessili milanesi nella lotta per ottenere migliori condizioni lavorative come le otto ore, la libertà di disporre del proprio salario e la maternità.

Contribuì alla nascita della prima formazione organizzata della sinistra nel nostro paese, il Partito dei Lavoratori Italiani del 1892, che tre anni dopo divenne Partito Socialista Italiano e non ebbe timore, negli anni successivi, a scontrarsi con i colleghi maschi a causa del suffragio universale.

Ha redatto una proposta di legge sulla tutela del lavoro minorile e femminile approvata in Parlamento nel 1902 come Legge Carcano.

Grazie al suo impegno politico a favore dell’estensione del diritto di voto alle donne, nacque il Comitato Socialista per il Suffragio Femminile.

Stabilì, per prima in Italia, un rapporto di comunicazione diretta con le operaie e contadine per renderle consapevoli dei loro diritti e porle nella condizione di uscire da disparità e sottomissione.

Nel 1912 la proposta di legge per il diritto di voto alle donne venne respinta, fu un duro colpo che portò alla rottura del suo rapporto con Filippo Turati.

Fondò “la difesa delle lavoratrici” gettando le basi per il progetto “la giornata delle donne”, manifestazione nazionale che avrebbe dovuto porre l’accento sulla questione femminile, ma che venne cancellata dalla guerra.

Il suo inarrestabile attivismo continuava anche con la stesura di articoli taglienti firmati con lo pseudonimo “OMEGA” perché, spiegava, “mi sento come l’ultima ruota del carro”.

Neutralista convinta, dopo la guerra combatté il massimalismo socialista e fu rigorosa oppositrice del fascismo.

Portavoce dei diritti delle donne, a 65 anni tenne una conferenza presso il Circolo Filologico Milanese dove era vietata l’iscrizione alle donne. Il suo intervento, pubblicato con il titolo Il monopolio dell’uomo, è stato considerato il primo manifesto femminista italiano.

È morta a Milano il 9 gennaio 1925. Durante il funerale alcuni fascisti si scagliarono contro le carrozze del corteo funebre trasformandolo in una guerriglia urbana. È stata una donna le cui idee facevano paura anche dalla bara.

Anna Kuliscioff è stata indipendente, libera, determinata e non ha esitato a scontrarsi coi compagni di partito con cui condivideva gli ideali e anche con l’uomo con cui condivideva la vita. Una donna che ha dato voce alle altre, convinta che la vera liberazione passa attraverso quella di tutte le altre.

Di seguito il suo disegno di legge per mitigare lo sfruttamento eccessivo del lavoro femminile e infantile.

LAVORO DELLE DONNE

  1. Durata di lavoro di 48 ore maximum per settimana, non oltre il mezzodì del sabato, onde ogni operaia possa fruire d’un riposo di 42 ore consecutive.
  2. Le ore supplementari di lavoro non potranno essere più di 50 durante l’anno, distribuite in modo che la giornata legale di lavoro non possa prolungarsi più di due ore per giorno, né più di tre giorni per settimana.
  3. Vietato l’impiego delle donne nei lavori insalubri e pericolosi.
  4. Vietato il lavoro notturno.
  5. Vietato il lavoro nell’ultimo mese di gravidanza e nel primo mese dal puerperio.
  6. All’assistenza delle donne nei due mesi antecedenti e successivi al parto provvederà la legge sull’assicurazione obbligatoria per le malattie, in ragione almeno del 75% del salario giornaliero.
  7. La legge sul lavoro delle donne sarà applicata, oltreché alle grandi, anche alle piccole industrie, alle industrie casalinghe, ai lavori di risaia e possibilmente a ogni altro lavoro agricolo.
  8. Il testo della legge sarà esposto, in modo facilmente visibile per le interessate, nei laboratori, nelle officine, negli stabilimenti e ovunque sono donne impiegate al lavoro salariato.
  9. I regolamenti interni saranno fissati d’accordo fra gli imprenditori e le rappresentanze delle operaie: in difetto d’accordo, statuirà il Collegio dei probiviri.
  10. L’applicazione della legge sarà vigilata da ispettrici elette dalle operaie e retribuite dallo Stato.
  11. Ispettori tecnici saranno incaricati di visitare regolarmente gli opifici, le fabbriche, i laboratori, ecc., e di verificare le condizioni d’igiene e di sicurezza.
  12. Una legge speciale stabilirà le norme relative all’igiene e alla sicurezza del lavoro.
  13. La responsabilità dell’osservanza delle disposizioni di questa legge spetterà solidamente ai direttori, imprenditori e proprietari, salva fra di essi la rispettiva azione di regresso. Le trasgressioni saranno punite con ammenda da Lire 50 a L. 200 per ciascun caso e per ciascuna persona impiegata. In caso di insolvibilità di tutti i corresponsabili, l’ammenda sarà convertita in detenzione a carico del più direttamente responsabile, secondo la proporzione stabilita dal Codice penale, purché il totale del carcere non superi un anno.
  14. Le ammende saranno devolute alle Casse di sovvenzione per malattie e vecchiaia.


#unadonnalgiorno

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