Oggi è il compleanno di Malala Yousafzai, nata nel 1997 a Mingora, in Pakistan, la più giovane vincitrice del Premio Nobel per la pace, ricevuto a soli 17 anni nel 2014.
Malala è nota in tutto il mondo per il suo impegno per i diritti civili e il diritto all’istruzione delle donne, che nel suo paese, era stato bandito da un editto dei talebani.
Non mi importa di dovermi sedere sul pavimento a scuola. Tutto ciò che voglio è istruzione. E io non ho paura di nessuno.
Figlia di un insegnante e attivista pakistano, Malala Yousafzai deve il suo nome a un’eroina e poetessa afghana del XIX secolo che perse la vita sul campo di battaglia dove marciava alla testa delle truppe in lotta contro l’occupazione britannica.
A 11 anni, Malala, teneva, sotto pseudonimo, un blog in urdu sul sito web della BBC, nel quale raccontava, dalla sua condizione di bambina dai diritti negati, il regime dei talebani pakistani, l’occupazione militare del suo distretto di provenienza, lo Swat, e portava avanti la sua campagna per l’educazione delle ragazze, fortemente osteggiata dagli estremisti.
Il 9 ottobre 2012, Malala, viene gravemente ferita alla testa dai numerosi spari esplosi da un uomo salito a bordo dello scuolabus su cui stava tornando a casa. La vittima designata era proprio lei, tanto che il killer, prima di sparare aveva chiesto: “Chi è Malala?” Il veicolo su cui viaggiava, era stato acquistato proprio dalla giovane attivista, con una raccolta fondi.
Ihsanullah Ihsan, portavoce dei talebani, ha rivendicato la responsabilità dell’attentato, sostenendo che Malala Yousafzai rappresentava “il simbolo degli infedeli e dell’oscenità”.
Ricoverata nell’ospedale militare di Peshawar, è fortunosamente sopravvissuta all’attentato dopo la rimozione chirurgica dei proiettili. Un delicato intervento di chirurgia ricostruttiva del cranio è stato poi eseguito in un ospedale di Birmingham, dove le era stato raccomandato di rifugiarsi per scampare alla furia di vendetta omicida dei talebani.
Dopo la guarigione, è rimasta, insieme alla sua famiglia, in Inghilterra, dove ha ripreso a frequentare la scuola.
Il giorno del suo sedicesimo compleanno, nel 2013, ha tenuto uno storico discorso alle Nazioni Unite nel quale ha lanciato un appello per l’istruzione delle bambine e dei bambini di tutto il mondo. Indossava fieramente lo scialle appartenuto a Benazir Bhutto, la leader pakistana assassinata nel 2007.
Nello stesso anno, viene insignita del Premio Sakharov per la libertà di pensiero, a Strasburgo ed esce la sua autobiografia, Io sono Malala, scritta assieme a Christina Lamb, una delle più importanti corrispondenti estere della Gran Bretagna che, dal 1987, segue le vicende di Pakistan e Afghanistan.
Il 10 ottobre 2014 è stata insignita del premio Nobel per la pace assieme all’attivista indiano Kailash Satyarthi, diventando la più giovane vincitrice di un premio Nobel di tutti i tempi. Con i soldi del premio ha fatto costruire una scuola per ragazze in Pakistan.
La sua storia di coraggio e resistenza ha fatto il giro del mondo.
Con il sostegno della sua famiglia, ha fondato il Malala Fund, organizzazione internazionale che lotta per l’educazione delle bambine e dei bambini nel mondo. Attualmente investe nell’istruzione secondaria delle ragazze e supporta iniziative globali che operano in Pakistan, Nigeria, Kenya, Sierra Leone e nei paesi che ospitano rifugiati siriani.
Attraverso la sua lotta eroica, è diventata la più importante portavoce del diritto delle bambine all’istruzione e il simbolo internazionale della resistenza delle donne di fronte alla repressione.
Il 25 settembre 2015 è stata lanciata l’iniziativa The Global Goals che l’ha vista insieme a altre protagoniste e protagonisti del mondo della cultura e dello spettacolo, come Stephen Hawking, Stevie Wonder, Kate Winslet, Bill e Melinda Gates, la regina Rania di Giordania, Jennifer Lopez, Meryl Streep. L’iniziativa ha spronato i/le leader mondiali a impegnarsi a rispettare 17 obiettivi globali da realizzare nei prossimi 15 anni, tre dei più importanti: eliminare la povertà estrema, combattere la disuguaglianza, le ingiustizie e arrestare il cambiamento climatico.
Malala Yousafzai non tace davanti a niente e nessuno. Nel settembre 2017, con un tweet, ha criticato la leader birmana Aung San Suu Kyi per il suo silenzio di fronte alle violenze delle quali sarebbe vittima la minoranza musulmana Rohingya.
Nell’agosto del 2017, è stata ammessa all’Università di Oxford, per studiare Filosofia, Politica ed Economia; si è laureata nel giugno del 2020.
Quando si è iscritta all’università ha twittato: “Cinque anni fa, mi hanno sparato tentando di impedirmi di parlare dell’educazione delle ragazze. Oggi, parteciperò alla mia prima lezione a Oxford”.
La sua storia necessita di essere raccontata di continuo, perché è la stessa di 66 milioni di bambine e ragazze nel mondo, alle quali viene negato il diritto all’istruzione per povertà, violenza o consuetudini locali. E il lavoro da fare è ancora tanto.
Malala è il simbolo universale delle donne che combattono per il diritto alla cultura e al sapere. Una giovane donna coraggiosa, una voce capace di cambiare il mondo.
#unadonnalgiorno