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Murasaki Shikibu la donna che ha scritto il primo romanzo al mondo

Murasaki Shikibu ha scritto il primo romanzo della storia

Il primo romanzo del mondo, il “Genji Monogatari” la Storia di Genji è stato scritto da una donna: Murasaki Shikibu scrittrice e poeta giapponese vissuta dal 973 al 1014/1025 circa.

Questo non era il suo vero nome che non si conosce: Murasaki è un soprannome che viene, probabilmente, dalla protagonista del suo capolavoro. Shikibu significa invece “ufficio delle cerimonie”, dove suo padre e suo fratello avevano avuto incarichi.

Era comune che le donne come lei, dame della corte dell’antica capitale Heiankyō (oggi Kyōto) fossero conosciute con la carica ricoperta da loro o da un loro familiare. Non sappiamo molto nemmeno della sua vita, a cominciare dalle date di nascita e di morte, su cui continua a regnare l’incertezza. La madre di Murasaki, morì quando ancora lei era una bambina, così in contrasto con i costumi dell’epoca, venne allevata dal padre Tametoki, intellettuale e funzionario della corte imperiale.
All’epoca le coppie di sposi vivevano separate e le bambine venivano allevate dalle madri e dalle famiglie delle stesse.
Ella invece venne allevata dal solo padre e ricevette un’educazione tipicamente maschile, le venne insegnato il cinese, lingua ufficiale a corte mentre alle donne veniva insegnata la scrittura e la poesia. Tra i dati sicuri ci sono soltanto il viaggio che fece accompagnando suo padre nella provincia di Echizen, di cui era stato nominato governatore, e il matrimonio con il cugino di secondo grado Fujiwara no Nobutaka, da cui nacque una figlia; infine, il servizio che prestò alla corte dell’imperatrice Fujiwara no Akiko (988-1074). Sembra che avesse cominciato a lavorare al Genji tra la morte del marito e l’entrata in servizio a corte, dove l’opera ottenne subito uno straordinario successo.

La storia di Genji, il principe splendente è stata scritta tra 1000 e il 1008 è probabilmente il più antico romanzo nella storia dell’umanità. Precedente anche ai romanzi occidentali “le Chansons de geste” del 1050 circa o i “romanzi cortesi” del 1170 che generalmente identifichiamo come i più antichi della nostra cultura.

Narra la storia del principe Genji, il principe splendente, e affronta per la prima volta un dramma dal punto di vista psicologico e sociale.
È considerato uno dei capolavori della letteratura giapponese ma è anche un romanzo di fama internazionale.

Racconta la vita del principe Genji, così bello da essere soprannominato Hikaru Genji, “Genji lo Splendente”.
È figlio dell’imperatore e della sua concubina più amata, ma di basso rango, cosa che suscita l’odio delle altre concubine e consorti che la perseguitano fino a provocarne la morte, quando Genji ha solo tre anni.
Il principe cresce e, oltre che bellissimo, riesce splendidamente in tutte le arti (calligrafia, musica, poesia, pittura) che sono parte del bagaglio culturale dei cortigiani; ha inoltre una straordinaria sensibilità così da rappresentare un uomo ideale.
Tuttavia è lontano dall’essere una figura esemplare: si innamora della sua matrigna e ha con lei un figlio. Costretto all’esilio dalle macchinazioni dei suoi nemici, al ritorno la sua posizione diventa saldissima e conosce la gloria, ma nella sua maturità va incontro al declino: la sua ultima moglie lo tradisce e dalla relazione nasce un figlio, cosa che lo costringe ad affrontare la colpa di cui si è macchiato in passato. La morte di Murasaki, la donna che è stata il punto fermo della sua vita, lo trasforma in un uomo malinconico, ma capace per la prima volta di guardare la sua vita con distacco e di approdare a una certa pace. La sua morte non appare nel testo. Seguono dieci capitoli che gravitano intorno al villaggio di Uji e seguono gli amori di Niou, suo nipote, e Kaoru, il suo presunto figlio, con tre sorelle, figlie di un principe decaduto, che vivono lì. La conclusione di queste storie è tragica: Oigimi, la maggiore, si lascia morire di fame pur di non sposarsi, prevedendo una vita di umiliazioni, nel caso che dopo il matrimonio il marito corteggi o sposi altre donne; la seconda, Naka no Kimi, conoscerà il tormento della gelosia dopo il matrimonio con Niou; Ukifune, la terza, figlia di un’altra donna e mai riconosciuta dal padre, si trova contesa tra i due, tenta il suicidio, ma si salva e decide di farsi monaca. Il finale rimane aperto e, secondo alcune ipotesi, l’opera è rimasta incompiuta.

La Storia di Genji è considerata il capolavoro della letteratura giapponese. È un testo maturo in un’epoca in cui la narrativa era un genere ancora giovane e considerato marginale. È un grande affresco del mondo della corte di Heiankyō (la narrazione copre 75 anni, quattro generazioni e vi compaiono più di 400 personaggi), una parabola buddhista sulla caducità di tutte le cose (la narrazione evolve da un passato mitizzato e glorioso al presagio di un futuro di decadenza) in grado di rielaborare in maniera originale temi della narrativa folkloristica, come l’esilio del nobile o la figliastra perseguitata, di creare una prosa lirica di straordinaria raffinatezza e di anticipare di quasi un millennio la tecnica del flusso di coscienza per esprimere i pensieri e i sentimenti dei personaggi.
Molti di questi sono donne e il romanzo ci permette di avere un quadro straordinariamente vivo dei loro caratteri e delle loro vite. Sono donne molto diverse tra loro, ma hanno una caratteristica in comune: la poligamia le espone a una grande insicurezza psicologica e materiale. Anche a causa di questo Genji deve affrontare più di un rifiuto: non perché le donne che corteggia siano insensibili al suo fascino, ma perché loro temono le conseguenze negative di una relazione con lui. Nella generazione successiva questo timore porta al rifiuto dell’amore o addirittura della vita.

Murasaki ci ha lasciato anche una raccolta di poesie e un diario, che, nonostante si concentri più sugli aspetti esteriori della vita di corte che sulla sua vita privata, ci permette di capire molto della sua personalità.

Murasaki non fu l’unica scrittrice di talento della sua epoca: nel Giappone antico le donne avevano un grande potere, che cominciò a restringersi proprio nell’epoca Heian, e questo si riflette nel gran numero di poete che compare nella prima antologia poetica, il Man’yōshū (Raccolta delle diecimila foglie, 760 ca.). Nel periodo Heian gli uomini scrivevano in cinese, le donne in giapponese. Nel periodo successivo di Muromachi (1333-1568) la produzione letteraria delle donne quasi scomparve, e quando conobbe un recupero, nel periodo Meiji (1868-1912), le nuove scrittrici poterono contare su modelli illustri e su di una solida tradizione, a differenza del resto del mondo.

Secondo i registri del padre, Murasaki Shikibu morì nel 1014. Altre fonti invece danno la sua morte tra il 1025 ed il 1031, quasi all’età di cinquantacinque anni. Una fascia di età che superava di molto le aspettative di vita dell’epoca.

Della sua vita personale non si molto di più, ma di certo si può affermare che è una donna colei che ha scritto il primo romanzo al mondo, in Giappone, nell’anno mille.

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