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Vivienne Westwood regina del punk. La moda come atto politico

Vivienne Westwood
Ph. Tim Walker

Vivienne Westwood, stilista, designer e attivista britannica che ha creato lo stile punk.

Nel campo della moda dal 1971, quando, insieme a Malcolm McLaren, futuro manager dei Sex Pistols, aveva aperto a Londra un negozio divenuto in breve il punto di riferimento della generazione punk, la nuova cultura anti-establishment fatta di musica, immagini, moda, ispirata agli anni Cinquanta.

Dagli anni Ottanta si è  imposta come una delle maggiori creatrici di moda in ambito internazionale.

La sua ispirazione ha tratto linfa e forza dall’amore per la storia, la pittura e l’impegno sociale e politico.

Personalità eclettica e anticonformista, ha passato la vita  all’insegna dell’attivismo. 

È stata una donna con una missione, quella di cambiare, almeno un po’, il mondo, per renderlo un posto migliore. I nemici da combattere sono stati per lei il conformismo, l’immobilismo sociale, lo sfruttamento ottuso e sconsiderato della natura e la piaggeria.

Nata l’8 aprile del 1941 col nome di Vivienne Isabel Swire, a Tintwistle, nel Derbyshire, in una famiglia appartenente alla working class inglese, sin da giovanissima era appassionata di arte, letteratura e abiti su misura.

Nel 1962 ha sposato Derek Westwood da cui ha preso il cognome e con cui ha avuto un figlio, Ben. Si sono separati dopo poco.

Nel 1965 ha conosciuto Malcolm McLaren con cui ha intrapreso una relazione lavorativa e sentimentale, da cui è nato il secondo figlio, Joe.

È alla “coppia d’oro”, come vennero presto soprannominati, che si deve la nascita del punk, fenomeno che, attraverso la musica, l’estetica e i comportamenti provocatori, voleva sovvertire il sistema e rompere le regole.

Nel 1971 aprirono il loro primo negozio a Londra “Let it Rock”, che aveva l’obiettivo di richiamare le atmosfere del rock’n’roll anni Cinquanta, che si rifletteva nei vestiti vintage e nei dischi. Il negozio ha cambiato nome e arredo più volte nel corso degli anni e, presto, Vivienne Westwood aveva iniziato a realizzare capi originali per la vendita: nel 1972, divenne “Too Fast To Live Too Young To Die” (Troppo veloce per vivere, troppo giovane per morire), con abiti da biker in pelle e tempestati di zip; nel 1974 si trasformò in “SEX” e lo stile si fece feticista ed erotico; nel 1976 prese il nome di “Seditionaries” e, attraverso l’estetica del fai da te e il ricorso a materiali di scarto, creò i cosiddetti “Clothes for Heroes”, gli abiti per eroi.

Gli eroi per Malcolm e Vivienne erano gli emarginati che avrebbero dato vita alla rivoluzione.

Non puoi spronare le persone a cambiare le cose facendole sentire umiliate e offese. Devi farle sentire favolose, prima di ottenere il loro cambiamento”, sosteneva la stilista. A ogni nuova identità del negozio corrispondeva una collezione di abiti, frutto della creatività di lei e dell’attitudine provocatoria di lui.

Il cammino nel mondo della moda è stato molto difficile per lei, indipendente dai gruppi del lusso, lontana dagli standard di stile e con un passato segnato dalla ribellione e da ingenti problemi economici, è stata costretta a sopportare lo scherno da parte di chi di quel mondo patinato faceva parte da un pezzo.

Nel 1983 ha incontrato Carlo D’Amario, imprenditore italiano innamorato del suo portento creativo e della sua visione delle cose, che le ha risollevato i conti della boutique dandole agio di fare ciò che lei amava di più: cucire, creare e lasciarsi ispirare.

In quel periodo, la designer ha trascorso molto tempo in Italia, dove ha prodotto “Mini Crini”, la collezione del 1985 che ha rivoluzionato la silhouette femminile: le donne abbandonarono l’estetica futuristica anni Ottanta per gonne in crinolina cortissime e lingerie a vista, creando un effetto provocante e giocoso al tempo stesso.

Il nome di Vivienne Westwood era sulla bocca di tutti e, se in Inghilterra ancora si faceva fatica a lasciarsi sedurre dal suo talento creativo, la stampa internazionale era in visibilio e le modelle sognavano di lavorare con lei. L’azienda però faticava ancora da un punto di vista economico, per questo motivo, D’Amario l’ha convinta a lanciare delle “linee secondarie”, collezioni autorizzate concesse sotto licenza ad altre aziende e vendute a un prezzo più basso e a un pubblico più ampio.

Tutte e tutti desideravano indossare un capo firmato Vivienne Westwood e la trovata funzionò.

Il suo successo è sempre dipeso dal suo approccio alla creazione, da quell’idea che la moda sia un atto politico.

Il lungo lavoro sul corpo, l’idea di vestire degli eroi e le storie che i suoi abiti sanno raccontare, hanno rivoluzionato il mondo della moda.

Creava capi che esprimono un messaggio e non è un caso che durante le sue sfilate siano emersi temi come l’indipendenza della Scozia, la corruzione della politica, la contrarietà alla Brexit, gli abiti gender neutral, la libertà sessuale e, soprattutto, la preoccupazione nei confronti del cambiamento climatico e l’invito all’azione.

Vegetariana per ragioni etiche, in prima linea per la difesa dell’ambiente e al fianco di Greenpeace nella campagna “Save the Arctic” e dell’associazione animalista PETA, Vivienne Westwood si è resa protagonista di atti di militanza spesso fuori dal comune.

Alla cerimonia di chiusura delle Paralimpiadi di Londra del 2012, ad esempio, si è presentata su un carro con un’enorme bandiera con la scritta “Climate Revolution” e donato un milione di sterline all’associazione Cool Earth, che si occupa della salvaguardia della foresta pluviale.

Nel 2015 ha guidato un carro armato bianco verso l’abitazione dell’allora Primo Ministro britannico, David Cameron, in segno di protesta contro la pratica inquinante e dannosa attraverso la quale si estrae il gas naturale.

Ha gradualmente lasciato la direzione artistica dell’azienda al marito Andreas Kronthaler che era stato un suo studente. La differenza di status e di età ha inizialmente alimentato tanti pettegolezzi e illazioni. Ma la coppia ha continuato a camminare insieme e a restare unita.

Vivienne Westwood è stata una ribelle anticonformista, un talento unico entrato nel mondo della moda “per distruggere la parola conformità”; una stilista che considerava gli abiti come espressione di sé e parte di un percorso che porta alla rivoluzione. Una donna audace che odiava la mediocrità e ci ha parlato di libertà attraverso la crinolina, il tartan e un’irrequieta estetica punk.

Ha protestato in favore di Julian Assange, il fondatore di Wikileaks. Si è presentata vestita di giallo davanti al tribunale Old Bailey, a Londra, facendosi rinchiudere in una gabbia gigante, come un canarino, mentre con un megafono, urlava la sua rabbia verso gli Stati Uniti, che ne hanno richiesto l’estradizione.

Una donna dal carattere forte, determinata a non farsi fermare da contrarietà o logiche di potere. È stata l’esempio vivente che si può essere molte cose insieme (regina del punk, icona fashion, attivista) e che coerenza e libertà non hanno prezzo.

È stato fatto un film documentario sulla sua vita firmato da Lorna Tucker, Westwood: Punk, Icona, Attivista.

Ha lasciato la terra il 29 dicembre 2022, fino alla fine ha continuato a fare le cose che amava, progettando, lavorando sulla sua arte, scrivendo il suo libro e cambiando il mondo in meglio.

Aveva appena fondato la Vivienne Foundation, società senza scopo di lucro, con l’obiettivo di aumentare la consapevolezza e creare un cambiamento tangibile lavorando con le ONG, basandosi su quattro pilastri: cambiamento climatico, stop alla guerra, difesa dei diritti umani e protesta contro il capitalismo.

Il suo ultimo monito è stato: ‘Fermare il cambiamento climatico. Questa è una guerra per l’esistenza stessa della razza umana. E quella del pianeta. L’arma più importante che abbiamo è l’opinione pubblica. Diventa un combattente per la libertà‘”.

#unadonnalgiorno

 

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