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Joan Baez ha trasformato in musica rivoluzione e lotta

Joan Baez

Joan Baez è la più grande folk singer della storia.

Icona del pacifismo e della lotta per i diritti civili, ha saputo trasformare in musica rivoluzioni e lotte.

Nata a Staten Island, New York, il 9 gennaio del 1941, è figlia di Joan Bridge Baez, professoressa di letteratura nata in Scozia e di Albert Vinicio Baez famoso fisico di origine messicana che ha inventato il microscopio a raggi X, autore dei testi di fisica più usati nelle università statunitensi. Si era rifiutato di lavorare al Progetto Manhattan per la costruzione della bomba atomica e, durante la guerra fredda, aveva rifiutato importanti lavori per l’industria bellica, posizione che ha influenzato profondamente l’impegno pacifista della figlia.

È la seconda di tre sorelle Pauline e Mimi, anch’ella cantante e attivista, che aveva fondato, tra l’altro, l’organizzazione Bread and Roses, scomparsa nel 2001.

L’indole pacifista come la compassione verso i più deboli, l’aveva appresa viaggiando in molti paesi del mondo a causa del lavoro del padre, dove aveva precocemente avuto esperienza diretta con la miseria e il dolore.

Ha iniziato a suonare l’ukulele a soli otto anni.

Negli Stati Uniti, durante l’adolescenza, era stata vittima di discriminazioni per le sue origini messicane.

A sedici anni ha compiuto il suo primo atto di disobbedienza civile rifiutandosi di prendere parte a una simulazione di evacuazione nella sua scuola: al suono della campanella rimase seduta al proprio banco a leggere un libro.

Nel 1958 la famiglia si trasferì a Boston che in quel periodo era al centro della scena musicale folk.

Abbandonata l’università, ha iniziato a suonare nei club della città.

La prima apparizione importante è stata nel 1959 al Newport Folk Festival. L’anno successivo, a soli 19 anni, ha inciso il suo primo album, dal titolo JOAN BAEZ.

Rendere il microfono un megafono per urlare al mondo le ingiustizie che lo affliggono è stato il senso della sua sua musica, sin dagli esordi.

È, infatti, praticamente impossibile separare, nella sua vita, la passione politica da quella musicale.

In piedi sul palco, spesso a piedi nudi, con i lunghi capelli sciolti sulle spalle, è diventata una celebrità esibendosi in lunghe e tristi ballate che affondavano le loro radici nel vastissimo patrimonio del folklore americano.

Nel 1961 ha conosciuto Bob Dylan, allora un giovane musicista sconosciuto con cui nacque una storia d’amore e un connubio artistico. Gli ha consentito di farsi conoscere dal grande pubblico.

Venivano considerati la regina e il re delle canzoni di protesta.

Particolarmente famosa è rimasta la loro apparizione al Festival Folk di Newport del 1963, quando cantarono, insieme a altri artisti We shall overcome, diventato l’inno della lotta per i diritti civili.

In quegli anni ha fatto incetta di dischi d’oro mentre si appassionava alle battaglie di Martin Luther King. Il 28 agosto 1963 hanno camminato accanto in un evento rimasto nella storia di tutti i tempi, la marcia di Washington, quando lui ha tenuto il suo discorso più famoso che cominciava con la frase I have a dream.

Schierata contro la guerra in Vietnam, incitava alla resistenza fiscale, trattenendo la percentuale delle tasse destinata ai fondi militari, nei suoi concerti inneggiava la diserzione e ha fondato, con Ira Sandperl, l’Istituto per lo studio della Nonviolenza.

Nel 1965 il suo cammino professionale e sentimentale accanto a Bob Dylan si è interrotto, lui ha smesso di occuparsi attivamente di politica mentre lei ha continuato per tutta la sua esistenza.

Sono rimasti alla storia i suoi concerti nel Sud degli Stati Uniti in pieno regime di segregazione razziale dove si rifiutava di esibirsi di fronte a un pubblico di sole persone bianche e la marcia, sempre con Martin Luther King, per favorire l’integrazione di bambine e bambini neri nelle scuole.

Nello stesso periodo ha fondato Humanitas, organizzazione internazionale per i diritti umani.

Nell’ottobre del 1967, con sua madre e altre settanta donne, venne arrestata per aver bloccato l’ingresso di giovani reclute all’Oakland California Induction Center, in sostegno dei giovani che rifiutavano la leva.

Incarcerata nella prigione di Santa Rita, vi ha incontrato David Harris, giornalista e attivista americano. Usciti dal carcere, si sposarono. L’anno successivo lui venne nuovamente arrestato per aver fondato The Resistance, organizzazione nata per dissuadere i giovani americani dall’arruolarsi per andare in guerra contro il Vietnam.

Mentre lui era in prigione, nel 1969, Joan Baez si è esibita, incinta di suo figlio Gabriel, sul palco di Woodstock, denunciando l’ingiusta detenzione del marito.

Durante l’escalation della guerra in Vietnam, nel Natale del 1972, è andata a Hanoi, dove ha assistito a uno dei bombardamenti più violenti scatenati dall’amministrazione Nixon, 11 giorni ininterrotti. Questa esperienza è confluita nell’album Where are you now my son? che rappresenta, forse, il momento più alto del suo intreccio ostinato tra musica e politica.

Ha partecipato, successivamente, alla fondazione di Amnesty International negli Stati Uniti.

Si è molto prodigata anche nelle battaglie per i diritti civili delle persone omosessuali. Nel 1978 si è esibita in molti concerti di beneficenza contro la Proposizione 6 (detta anche “Iniziativa Briggs”), che proponeva il licenziamento di tutti gli insegnanti omosessuali dalle scuole pubbliche della California. Ha partecipato a varie marce commemorative per Harvey Milk, il legislatore di San Francisco assassinato da un ex collega.

Nel 1980 ha ricevuto la laurea honoris causa in Lettere dalla Antioch University e Rutgers University per l’attivismo politico e l’universalità della sua musica.

Nel 1984 ha partecipato alla Rolling Thunder Revue, grande tour musicale voluto da Bob Dylan con una serie di concerti in Europa.

Il giorno dell’Earth Day, nel 1998, con l’amica Bonnie Raitt è salita in cima a una sequoia per fare visita all’attivista ambientalista Julia Butterfly Hill, che si era accampata lì per proteggere l’albero dagli speculatori.

Nella sua lunga carriera si è esposta e solidarizzato per tante cause umanitarie, ha cantato per il popolo cileno, per le madri dei desaparacidos in Argentina, per Sacharov e sua moglie Yelena Bonner, per i boat people della Cambogia e, in anni più vicini a noi, per gli abitanti della Bosnia e dell’Iraq.

Durante la presidenza Bush, in tutti i suoi concerti  dedicava a Michael Moore il brano Joe Hill e, nelle date all’estero, prima di iniziare il concerto, diceva nella lingua locale: «Chiedo scusa per quello che il mio governo sta facendo al mondo

Il 17 luglio 2006 ha ricevuto il Distinguished Leadership Award dalla Legal Community Against Violence per il suo impegno costante contro ogni tipo di violenza.

Nello stesso anno è andata a vivere su un albero in un grande parco collettivo dove, dal 1992, centinaia di persone latino-americane immigrate vivono coltivando frutta e verdura, per protestare contro lo sfratto per abbattere il parco e costruire uno stabilimento industriale.

Nel 2007 ha ricevuto il Grammy alla carriera.

Il 22 luglio 2008 si è esibita nell’evento Live for Emergency in Piazza San Marco a Venezia per sostenere Gino Strada e Emergency.

Nel 2010 è stata insignita del titolo Dama dell’Ordine delle Arti e delle Lettere di Spagna.

Nel 2017 ha scritto Nasty Man, una canzone contro Donald Trump che, lanciata su Facebook, è diventata immediatamente virale.

È inserita nella Rock and Roll Hall of Fame, l’archivio di Cleveland che raccoglie nomi e informazioni su artisti e artiste più influenti della storia della musica.

Oggi, Joan Baez, icona del movimento per i diritti civili degli anni 60 e della lotta contro la guerra in Vietnam nei ’70, non si è certo arresa, coi capelli corti e argentei, senza nascondere nemmeno una ruga, continua le sue battaglie, dal vivo quando può, ma è anche molto attiva sui social dove regala perle dei suoi pezzi eseguiti da casa sua.

Con grande coerenza, continua a manifestare e a marciare, nella convinzione che le canzoni possono cambiare il mondo.

Nonostante abbia oltre ottant’anni, fa ancora tremare i potenti della terra.

 

#unadonnalgiorno

 

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