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Franca Rame una donna scomoda

9 marzo 1973 Franca Rame viene stuprata da cinque fascisti

Il 9 marzo 1973, a Milano, Franca Rame venne rapita da cinque uomini, fatta salire a forza su un camioncino e stuprata per ore. Le spaccarono gli occhiali, la tagliarono con una lametta, divenne una maschera di sangue, la bruciarono con le sigarette.

Un piano nato negli ambienti di estrema destra, per colpire «la compagna di Dario Fo», che collaborava con Soccorso Rosso nelle carceri e aveva sottoscritto la lettera aperta pubblicata su L’Espresso sul caso Pinelli.

Quello stupro – secondo alcuni esponenti neofascisti, che parlarono al giudice istruttore Guido Salvini,  fu ispirato da alcuni ufficiali dei carabinieri.

Non c’è mai stata nessuna condanna: 25 anni dopo, la prescrizione. Una beffa.

Nel 1987, due fascisti, Angelo Izzo e Biagio Pitaresi, rivelarono al giudice Salvini che a compiere lo stupro fu una squadraccia neofascista e che l’ordine di “punire” Franca Rame con lo stupro era arrivata dall’Arma dei Carabinieri.

Secondo la testimonianza di Nicolò Bozzo, al tempo dei fatti in servizio presso la divisione Pastrengo, diventato successivamente uno stretto collaboratore di Carlo Alberto Dalla Chiesa, il generale Palumbo, il suo capo, appena saputi i fatti fu molto contento e disse: «Era ora».

Franca Rame era una donna scomoda, che parlava quando doveva stare zitta, che non sapeva tacere su quello che non andava e non funzionava.

Che aveva prestato la sua voce prima all’Organizzazione Soccorso Militare e poi, negli anni Settanta, al movimento femminista. Una donna che doveva imparare a stare al suo posto.

Decisero di colpirla in quanto donna, rubandole qualcosa che non si può vedere né toccare: la dignità.

Ma, Franca Rame non ha mai smesso di difenderla, la sua dignità, parlando anche a nome delle altre donne che hanno subito violenza.

E lo ha fatto con le parole. Nel 1975 scrisse un monologo intitolato Lo Stupro.

Sette minuti di dettagli chirurgici e sensazioni soffocanti, che negli anni ’80 l’attrice portò in televisione, alla RAI, davanti a milioni e milioni di persone, quando di violenza sessuale si parlava troppo poco.

E lo ha raccontato con coraggio, esorcizzando lo schifo, l’umiliazione, la paura, il silenzio, con le parole.

Ha dimostrato, con la sua arte, che era più forte di ogni violenza e che non si sarebbe mai arresa al silenzio politico e esistenziale. Che non avrebbe mai smesso di essere una donna scomoda e che, soprattutto, non avrebbe mai imparato a stare al suo posto. Perché il suo posto era lì: nel mondo, in mezzo alla gente.

Negli anni, dal suo orrore, Franca è passata all’orrore di tutte le donne, raccontando le loro violenze, i soprusi che spesso subiscono persino al momento della denuncia («Lei ha goduto? Ha raggiunto l’orgasmo? Se sì, quante volte?», scriveva nella presentazione del suo monologo, riportando le parole di avvocati, poliziotti, medici e delle loro perizie), per non farle sentire sole.

Puntualmente, dal suo sito, teneva il triste conto degli stupri balzati agli onori della cronaca, per non dimenticare che, come ha scritto per il Fatto Quotidiano«molto probabilmente in qualche parte d’Italia proprio ieri una, dieci, cento donne sono state violentate».

Attrice, scrittrice, femminista, attivista politica, Franca Rame ha partecipato a rivoluzioni di scena, pensiero e azione che hanno segnato la nostra storia più recente. Ha contribuito a tradurre con gesti e parole la scrittura del nostro tempo, dando voce a personaggi femminili che mai avevano avuto lo spazio e la luce della scena.

Nata a Parabiago, in provincia di Milano, il 18 luglio 1929, in una famiglia di attori, burattinai e marionettisti attiva nel Nord Italia fin dal XVIII secolo, Franca Rame ha debuttato a teatro all’età di tre anni.

Nella compagnia girovaga Famiglia Rame le donne avevano un ruolo cruciale.

I suoi spettacoli hanno affrontato temi sociali come la condizione delle donne, lo status delle madri lavoratrici, il divorzio, l’aborto, la violenza sessuale, l’abuso di stupefacenti, la condizione dei detenuti in carcere, il fascismo e la Resistenza.

Ha esercitato una lingua teatrale diretta, una parola pulita, graffiante e forte, una parola politica, saldamente ancorata ai valori che muovevano il suo impegno civile.

La sua sapienza teatrale le ha permesso di attirare l’attenzione su temi scottanti in modo ironico e provocatorio.

Franca Rame ha lasciato la terra il 29 maggio 2013.

#unadonnalgiorno

 

 

 

 

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