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Alaa Salah, simbolo della protesta sudanese

Alaa Salah, la studente simbolo delle proteste in Sudan

Il proiettile non uccide. Ciò che uccide è il silenzio delle persone.

Alaa Salah, nata a Khartum nel 1996, è la studente di architettura e ingegneria diventata l’icona della rivoluzione sudanese del 2019.

Soprannominata Dama Bianca o la Regina Nubiana, è stata il volto e la voce della protesta. Con il suo tobe candido, abito tradizionale associato alle vesti da lavoro, indossato da molte studenti sudanesi durante le proteste del marzo 2019, come omaggio agli abiti che le loro madri e le loro nonne indossavano durante le lotte contro la dittatura militare.

La religione dice che se gli uomini vedono qualcosa di negativo non possono stare in silenzio.

Alaa Salah, con un abito bianco, indossato sopra al suo hijab nero, gli orecchini con un disco d’oro che rifletteva la luce, in piedi sul tetto di un’auto a cantare è diventata il simbolo della protesta femminile in Sudan contro il regime repressivo del presidente.

Un’immagine diventata in poco tempo virale. Molto condivisa sui social media destinata a diventare una di quelle foto dall’alto contenuto simbolico passate alla storia.

Cantava a testa e a voce alta, a ritmo di trap incitando la folla alla rivoluzione, a non fermarsi, chiedendo le dimissioni del presidente. Riceveva minacce di morte sui social, ma alla fine ha vinto ed è passata alla storia di un paese fino a quel momento sconosciuto ai più.

Dal dicembre 2018, ci furono una serie di rivolte nei confronti del governo di Omar al-Bashir che chiedevano riforme economiche e le sue dimissioni. Nel febbraio 2019, venne dichiarato lo stato di emergenza

In aprile, dopo un sit-in durato 6 giorni ininterrotti davanti alla sede dell’esercito, che ha visto coinvolte migliaia di persone, il feroce dittatore del Sudan, Omar al Bashir, accusato di corruzione e violenze, si è dimesso, dopo 30 anni di potere.

A innescare la miccia del cambiamento era stato il caro vita che aveva costretto migliaia di persone a passare mesi in fila per chiedere pane, gas e soldi.

Alaa Salah ha contributo a animare le piazze e a far abolire la Public Order Law che limitava fortemente la libertà delle donne, che non potevano andare in giro da sole e venivano frustate se indossavano i pantaloni. 

Oggi il Sudan è guidato dal consiglio supremo composto da 11 persone tra civili e militari e incaricato di transitare il paese verso le elezioni. Per Alaa Sahla c’è ancora tanto da fare, c’è bisogno di più giustizia, per esempio non è ancora stato trovato un colpevole per le centinaia di martiri trucidati il 3 giugno 2019 dalle ex milizie e dall’intelligence.

La studente incarna ancora la speranza di cambiamento per le donne sudanesi che per decenni sono state represse dal regime. Un’attivista che non si è mai arrestata e che continuerà a far parlare di sé. Dopo la rivolta è stata invitata a parlare al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, ha partecipato a forum e conferenze in mezzo mondo, e chissà se un giorno non potrà guidare lei, in maniera equa e giusta, il suo stato.

 

 

#unadonnalgiorno

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