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Dolores Huerta. Sí, se puede

Dolores Huerta
March 11, 2022 in Los Angeles, California. (Photo by Amanda Edwards/Getty Images)

Dolores Huerta è tra le più importanti attiviste e sindacaliste di tutti i tempi.

Una vita spesa per i diritti civili, la difesa dei diritti delle donne, delle persone immigrate e dei lavoratori.

È stata arrestata ventidue volte per aver partecipato ad azioni di disobbedienza civile non violenta e scioperi.

Nel 1997 Ms, la più importante rivista femminista statunitense l’ha nominata tra le tre donne più importanti dell’anno. L’anno successivo Bill Clinton le ha consegnato il premio Eleanor Roosevelt per i diritti umani  e il Ladies Home Journal l’ha elencata nelle Cento donne più importanti del Ventesimo secolo.

È stata nei consigli di amministrazione di Equality California, People for the American Way,
Consumer Federation of California e Feminist Majority Foundation.

Prima donna latina inserita nella National Women’s Hall of Fame, ha ricevuto ben quindici lauree ad honorem da tutte le più prestigiose università statunitensi e premi importanti come la Medaglia presidenziale per la libertà conferitale da Barack Obama nel 2012.

È talmente celebrata che in California il 10 aprile è il Dolores Huerta Day.

Nata col nome di Dolores Fernández il 10 aprile 1930 a Dawson, nel New Mexico, aveva tre anni quando i genitori si sono separati e, insieme ai fratelli, ha seguito la madre a Stockton, una comunità agricola nella valle di San Joaquin in California.

Nonostante fosse una brava studentessa, suonasse vari strumenti e fosse una premiata come girl scout, il razzismo e il disprezzo per la sua condizione di immigrata non le sono stati risparmiati.

La sua più grande ispirazione è stata sua madre, Alicia Chávez che, dopo tanti sacrifici e doppi lavori per mantenere i figli e fornire loro istruzione e educazione, è arrivata a possedere un ristorante e un hotel dove accoglieva lavoratori a basso salario e famiglie di contadini a prezzi accessibili, talvolta anche gratuitamente. 

Dopo essersi laureata allo Stockton College, per un breve periodo ha insegnato in una scuola elementare, ma si è dimessa perché in disaccordo col trattamento riservato agli studenti figli di contadini.

Nel 1955 si è impegnata nella Community Services Organization, associazione che lavorava per porre fine a segregazione, discriminazione e alla brutalità della polizia e per migliorare le condizioni sociali ed economiche dei lavoratori agricoli.

Questi venivano pagati poco o niente, non godevano di alcun diritto, dormivano sul pavimento, avevano scatole di legno come mobili e acqua sporca, non avevano accesso ai bagni e lavoravano dall’alba al tramonto senza interruzioni. Sovente emigravano per seguire la stagionalità dei raccolti, questo comportava che i loro figli non ricevevano un’istruzione adeguata e spesso lavoravano nei campi insieme ai genitori. Molte donne venivano aggredite sessualmente dai proprietari terrieri e costrette a tacere perché le loro famiglie avevano bisogno di lavorare.

Nel 1960, ha fondato la Agricultural Workers Association con cui ha esercito pressioni sui politici del tempo per garantire istruzione e accesso al voto, all’assistenza pubblica e alla pensione alle comunità immigrate.

Insieme a Cesar Chavez ha fondato la National Farm Workers Association (NFWA) che, nel 1965,  si è unita all’AWA per formare il Sindacato dei lavoratori agricoli che ha organizzato un importante sciopero dei viticoltori che ha portato a importanti negoziazioni che hanno migliorato le condizioni di lavoro, tra cui la riduzione dell’uso di pesticidi dannosi, l’avvio della disoccupazione e garantito le prestazioni sanitarie. In questo periodo, le è stato attribuito il merito di aver coniato la frase “sí se puede” per spronare nella lotta senza mollare.

Negli anni ’70, ha coordinato un boicottaggio nazionale della lattuga e contribuito a creare il clima politico per l’approvazione dell’Atto per le relazioni sul lavoro agricolo del 1975, la prima legge a riconoscere i diritti dei lavoratori agricoli di contrattare collettivamente.

Durante gli anni ’80 è stata vicepresidente del Sindacato Nazionale, unica donna a sedere nel consiglio d’amministrazione.

Sempre in prima linea per sostenere le sue battaglie, nel 1988, è stata brutalmente picchiata dalla polizia di San Francisco in una manifestazione di protesta contro le politiche dell’allora candidato alla presidenza George H. W. Bush. Le hanno rotto  sei costole e dovuto asportare la milza.

Il pestaggio, registrato e trasmesso nei notiziari televisivi le ha consentito di vincere la causa contro la polizia e ha utilizzato i proventi a beneficio dei lavoratori agricoli.

La risonanza mediatica ha costretto il dipartimento a cambiare le sue politiche di controllo della folla e il suo processo di disciplina degli ufficiali. 

Dopo una lunga guarigione, Dolores Huerta ha lasciato il sindacato per concentrarsi sui diritti delle donne. Coinvolta per due anni, in giro per il paese, in una campagna di sensibilizzazione rivolta alla candidature delle donne latine che ha portato a un aumento significativo del numero di  rappresentanti elette.

Coi soldi del Premio Puffin/Nation for Creative Citizenship nel 2002 ha creato la Fondazione che porta il suo nome per incoraggiare la formazione e le capacità organizzative nelle comunità a basso reddito che intreccia i movimenti dei diritti delle donne, quelli LGBTQ, delle persone immigrate, di lavoro e diritti civili in un unico filo.

A lei sono intitolate scuole, strade e perfino un asteroide. Protagonista di un documentario sulla sua vita, è stata omaggiata in vari film e opere teatrali. 

È stata co-presidente onoraria della marcia delle donne su Washington il 21 gennaio 2017, contro l’insediamento di Donald Trump come presidente.
Femminista ecologista intersezionale, si è battuta per tutta la vita per portare le donne nelle lotte per il diritto al lavoro e a eque retribuzioni.
Ancora oggi è in giro per portare la voce e le istanze di chi è ancora ai margini della politica e della società.
#unadonnalgiorno 

 

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