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Pinar Selek

Pinar Selek scrittrice e attivista turca
Photo by Frederick FLORIN / AFP

Pinar Selek è una scrittrice, sociologa, femminista, militante antimilitarista turca, vittima della repressione del suo stato, che l’ha condannata all’ergastolo per un reato che non ha commesso.

Costretta a abbandonare il suo paese nel 2009, si è trasferita in Germania e poi in Francia a Strasburgo, Lione e poi Nizza. Luoghi da cui ha continuato a spendersi per i diritti delle minoranze, delle donne e contro la criminalizzazione dell’immigrazione. Nel 2017, ha ottenuto la cittadinanza francese.

È autrice di numerosi libri, in italiano sono stati pubblicati La maschera della verità (2015), La casa sul Bosforo (2018) Lontano da casa (2019) e Le formiche festanti (2020).

È nata a Istanbul l’8 ottobre 1971. Dopo essersi diplomata al liceo francese Notre Dame de Sion, si è laureata con lode in Sociologia all’Università Mimar Sinan.

Il suo primo testo, del 1996, era dedicato ai movimenti indigeni del Messico.

Il suo attivismo l’ha portata a lasciarsi coinvolgere personalmente dalle vite delle persone al centro delle sue ricerche, come i ragazzi di strada, le donne vittime di violenza, le persone che vivono ai margini della società, i senza tetto e le persone transessuali con le quali ha creato il Laboratorio degli Artisti di Strada, per cercare di offrire opportunità di integrazione nella società attraverso l’arte.

Nel 2001 è stata fra le fondatrici della Cooperativa di donne Amargi da cui è nata l’omonima rivista e la prima libreria femminista della Turchia.

Il suo incubo giudiziario è cominciato nel 1998. Per la sua ricerca sulla guerra civile in Turchia che indagava sulle motivazioni che hanno spinto la popolazione curda a scegliere la lotta armata, ha intervistato ed è venuta a contatto con diversi esponenti del PKK. In seguito a un’esplosione avvenuta in un bazar di Istanbul, è stata accusata di complicità e detenuta per due anni e mezzo durante i quali è stata anche torturata per estirparle una confessione.

È stata rilasciata il 22 dicembre 2000, dopo che team di esperti, tra cui la facoltà di chimica analitica dell’Università di Istanbul e il Dipartimento Forense della Facoltà di Medicina di Cerrahpaşa, hanno pubblicato dei rapporti che dimostravano che l’esplosione era stata causata dall’accensione accidentale di una bombola di gas.

Nonostante l’annullamento della condanna e quattro assoluzioni, nel 2012, in un’operazione senza precedenti nella storia legale turca, la corte ha deciso di riaprire il processo e, il 24 gennaio 2013 l’ha condannata all’ergastolo in absentia.

Più di trenta organizzazioni non governative e rappresentanti di partiti politici di Francia, Germania, Italia e Austria hanno partecipato alle udienze e protestato durante il processo a cui hanno assistito anche osservatori dell’Università di Strasburgo, dove aveva cominciato a insegnare. 

Rifugiata politica in Francia, in questi anni in cui ha vissuto questa assurda vicenda giudiziaria, è stata difesa pubblicamente da parecchie migliaia di  esponenti del mondo della cultura, spettacolo, avvocatura e università.

Il 6 gennaio 2023 la Corte Suprema turca ha annullato la quarta assoluzione e emesso un mandato d’arresto internazionale dall’effetto immediato. 

Dalla Francia, da dove rischia di essere estradata nonostante la cittadinanza francese, Pinar Selek ha dichiarato: “questo processo continua da 25 anni. La metà della mia vita. Rappresenta un sistema radicato in Turchia da molto più tempo, e riflette la continuità del regime autoritario e repressivo. Si tratta di una sentenza iniqua, basata su documenti falsificati, in continuità con gli oscuri meccanismi in vista delle elezioni. Fino a oggi ho resistito e sono andata avanti a lavorare sui miei temi di ricerca, a riflettere profondamente, in modo strutturato, e ad agire e a vivere come una formica festante. Non mi arrendo“.

Un’assurda violazione dei diritti umani per una donna che ha semplicemente ricercato la verità e la giustizia per le minoranze del suo paese. Sono tante le organizzazioni internazionali che si sono mobilitate in sua difesa e nostro compito è diffondere questa ingiustizia e fare tutto ciò che è in nostro potere per cercare di salvarla dalla condanna.

#unadonnalgiorno

 

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