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Agnès Varda prima regista femminista

Agnès Varda prima regista femminista

Sono femminista perché credo nei diritti delle donne, nell’intelligenza delle donne, nelle loro capacità, nel posto che devono ricoprire nella società e nella famiglia.

Quello che mi sciocca è che ci si renda conto solo ora che il problema esiste. È legato al potere sociale innanzitutto e gli uomini ne sono complici. Quello che cambierà è che ne prenderanno coscienza. Bisogna determinare la dose di femminismo da inculcare ai ragazzi: ecco cos’è importante. Questa battaglia dobbiamo portarla avanti insieme, uomini e donne uniti.

Agnès Varda, regista francese di origine belga.

Ha raccontato le complessità dell’animo femminile portato sullo schermo i volti, le vite, i pensieri di tante donne, ascoltandone la voce e assecondando la sua volontà di autrice, senza cedimenti a vincoli esterni. Un modo di fare cinema intimo e personale. Viene considerata la prima regista femminista.

Nata con il nome di Arlette, il 30 maggio 1928 a Ixelles, in Belgio, madre francese e padre greco, ha passato la sua infanzia in Belgio. Giovanissima si è trasferita a Parigi e divenne fotografa al Theatre National Populaire di Jean Vilar, il creatore del Festival di Avignone. In questo ambiente ha incontrato l’uomo che divenne suo marito, il regista Jacques Demy.

Unica donna del gruppo originario coté rive gauche della Nouvelle Vague francese, nonostante ne abbia sempre rifiutato l’etichetta. Ha sempre mantenuto un’indipendenza teorica e poetica, che l’ha portata a praticare la sua arte con grande libertà di generi e formati.

Nel 1954 ha girato il suo primo film La Pointe Courte che portò un soffio di libertà nel cinema francese.

Il suo primo lungometraggio è stato Cléo dalle 5 alle 7, del 1962, affascinante ritratto femminile di una cantante ribelle che vagabonda per Parigi in attesa di sapere dai medici se ha una malattia mortale. È il suo film più vicino alla Nouvelle Vague ma anche uno dei più personali di quella gloriosa stagione.

Nel 1965 ha vinto l’Orso d’argento al Festival di Berlino con Il verde prato dell’amore, che le ha portato maggiore visibilità in Europa e negli Stati Uniti.

Dal 1968 ha soggiornato per lunghi periodi a Los Angeles dove ha girato Lions Love e realizzato il documentario Black Panthers dedicato al processo agli esponenti delle Pantere Nere, organizzazione rivoluzionaria afroamericana.

Nel 1971, a Parigi, conobbe e divenne amica di Jim Morrison, leader dei Doors, trasferitosi lì con la fidanzata Pamela Courson. È stata una delle pochissime persone presenti alla sepoltura del musicista prima che la notizia della sua tragica morte venisse diffusa alla stampa.

Dai soggiorni americani sono nati Mur murs, documentario sui murales di Los Angeles, il graffitismo ai tempi era un’arte di pura avanguardia e Documenteur, cronaca dello sradicamento d’una donna francese, temporaneamente separata dall’uomo che ama e sola in America insieme al figlio.

È stata tra le firmatarie del Manifesto delle 343 la dichiarazione pubblicata il 5 aprile 1971 dalla rivista Nouvel Observateur in cui 343 donne ammettevano di aver avuto un aborto, esponendo se stesse alle relative conseguenze penali. In Francia vigeva una legge del 1920 che multava con pene fino a sei anni chi avesse abortito o procurato aborti. Il manifesto fu un importante esempio di disobbedienza civile. 

Il 1985, le ha consegnato il suo più ampio successo di pubblico, Senza tetto né legge, vita e morte di una ragazza alla deriva nel freddo d’una Francia opaca e respingente che ha vinto il Leone d’oro a Venezia.

Avendo prodotto autonomamente i suoi film con Ciné-Tamaris, Agnès Varda è riuscita a mantenere intatta la propria indipendenza e i diritti sui film suoi e del marito.

In digitale ha girato Les Glaneurs et la glaneuse nel 2000, un racconto-documentario sulle persone che cercano tesori o sussistenza rovistando nelle campagne o tra la spazzatura delle città, che ottenne critiche entusiaste e riconoscimenti internazionali.

Nel 2003, alla Biennale di Venezia, ha firmato alcune installazioni visive che hanno inaugurato una nuova fase della sua vita artistica. È del 2008 il suo originale autoritratto nel documentario Les plages d’Agnès.

Nel 2017 è uscito Visages Villages un viaggio attraverso la Francia rurale a bordo di un camion-macchina fotografica con lo street artist JR. Il film ha vinto il premio de L’Œil d’or al Festival di Cannes 2017 e ricevuto la candidatura nella categoria “miglior documentario” agli Oscar 2018. Con questa candidatura Agnès Varda è diventata la persona più anziana a venire candidata in gara a un Oscar.

Per la cineasta, l’arte cinematografica è sempre stata collegata alla realtà, per questo nella sua filmografia non ha mai lasciato da parte il genere documentario. I suoi lavori hanno affrontato spesso tematiche riguardanti la condizione femminile nella società. Nella sua lunga carriera, ha continuato instancabile a girare film diversi per formato e misura, sempre interessata alla cronaca umana e all’osservazione poetica e politica del mondo. Ha lavorato fino alla fine dei suoi giorni, continuando a sperimentare nuove tecnologie.

Insignita di un Premio César onorario nel 2005, è stata la prima regista nella storia del cinema a ricevere l’Oscar alla Carriera nel 2017. Alla cerimonia degli Oscar e poi a Cannes si è schierata apertamente con il movimento Me Too.

Si è spenta a novant’anni il 29 Marzo marzo del 2019, poche settimane dopo aver presentato alla Berlinale il suo autobiografico e testamentario Varda by Agnès.

Sono piccola in un mondo troppo grande. E sono curiosa.


#unadonnalgiorno

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