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Ipazia d’Alessandria

Ipazia d'Alessandria

Ipazia d’Alessandria, matematica, filosofa e astronoma greca.

Potente simbolo della libertà di pensiero, la sua figura e la tragica fine hanno affascinato la letteratura di ogni epoca.

Nacque fra il 355 e il 370 (non si conosce la data esatta) a Alessandria d’Egitto. Figlia del noto filosofo Teone, studiò fin da giovanissima nella enorme biblioteca d’Alessandria.

Fu una filosofa molto apprezzata, aderì alla scuola neoplatonica in modo originale e eclettico.

Successe a suo padre, già dal 393, nell’insegnamento al Museo di Alessandria, la più importante istituzione culturale esistente. Oltre a tradurre e divulgare molti classici greci, trasmise ai suoi discepoli le conoscenze matematiche, astronomiche e filosofiche.

Riconosciuta come un’autorità e grande punto di riferimento del tempo, viene ricordata per la generosità con cui tramandava pubblicamente il sapere.

Donna di enorme cultura, non ci sono stati tramandati suoi scritti probabilmente a causa di uno dei tanti incendi che distrusse la biblioteca. Ma altri filosofi del tempo ne parlarono come una delle menti più avanzate esistenti.

Arrivò a formulare ipotesi sul movimento della Terra, è molto probabile che cercò di superare la teoria tolemaica secondo la quale la Terra era al centro dell’universo.

È stata l’inventrice dell’astrolabio, del planisfero e dell’idroscopio, strumento con il quale si può misurare il diverso peso specifico dei liquidi.

In un clima di fanatismo, ripudio della cultura e della scienza in nome della crescente religione cristiana, Ipazia, che rifiutò di convertirsi, venne trucidata nel marzo del 415 d.C., lapidata in una chiesa da una folla di fanatici.

Nella Vita di Isidoro, scritta 100 anni dopo i fatti narrati, Damascio scrive: «Così accadde che un giorno Cirillo, vescovo della setta di opposizione, passò presso la casa di Ipazia, e vide una grande folla di persone e di cavalli di fronte alla sua porta. Alcuni stavano arrivando, alcuni partendo, e altri sostavano. Quando lui chiese perché c’era là una tale folla e il motivo di tutto il clamore, gli fu detto dai seguaci della donna che era la casa di Ipazia la filosofa e che lei stava per salutarli. Quando Cirillo seppe questo fu così colpito dalla invidia che cominciò immediatamente a progettare il suo assassinio e la forma più atroce di assassinio che potesse immaginare».

Fu così che le venne teso un agguato: un gruppo di fanatici cristiani la sorprese mentre faceva ritorno a casa e, dopo averla tirata giù dal carro, la trascinò fino a una chiesa dove le furono strappate tutte le vesti e venne letteralmente fatta a pezzi. Le varie parti smembrate del suo corpo furono portate al cosiddetto Cinerone, dove si dava fuoco a tutti gli scarti, e furono bruciate perché di Ipazia non rimanesse nulla.

La sua vita cominciò a essere scritta circa vent’anni dopo la sua morte. I primi a occuparsene furono due storici della Chiesa: Socrate Scolastico e Filostorgio.

Cirillo, mandante del suo efferato omicidio e vescovo di Alessandria, odiava così tanto Ipazia prima di tutto perché era una donna e poi perché propugnava il sapere scientifico, filosofico, in un clima sociale in cui la comunità cristiana, che veniva da catacombe e persecuzioni, finalmente sdoganata e imposta come religione prevalente, voleva conservare con ogni mezzo questo potere, distruggendo chi poteva ostacolarlo.

Cirillo rappresentava il massimo del potere ecclesiastico, ma Ipazia era il fulcro della cultura e questo era inammissibile, a maggior ragione perché era una donna.

Il suo nome è tornato in auge durante l’Illuminismo, quando molti autori hanno iniziato a ricordarne la libertà di pensiero e l’alto livello a cui erano giunti i suoi studi.

Da allora viene ricordata come un simbolo di indipendenza femminile e libertà di pensiero, oltre che come martire del dogmatismo fondamentalista.

L’essere donna fu sicuramente un’aggravante per la sua posizione di libera pensatrice.

La religione cristiana in espansione non accettava che la donna potesse avere ruoli importanti nella società, men che meno una posizione libera come quella sua, capace di aprire le menti e di non inchinarsi a nessun dogma. In un clima in cui si imponeva alle donne di girare con velo e restare chiuse in casa in posizione di subordinazione all’uomo, non poteva essere accettato che Ipazia formulasse ipotesi sul funzionamento del cosmo intero.

Il ritratto di Ipazia che ci è stato tramandato è di persona di rara modestia e bellezza. Rappresenta il simbolo dell’amore per la verità, per la ragione, per la scienza che aveva fatta grande la civiltà ellenica.

Con il suo sacrificio è cominciato quel lungo periodo oscuro in cui il fondamentalismo religioso ha tentato di soffocare la ragione e la libertà.

Caratteristica di Ipazia fu dunque la generosità con cui tramandava il suo sapere a quanti stavano attorno a lei. Ella non riservava la conoscenza per sé e per pochi eletti, ma con estrema liberalità la dispensava agli altri.

A causa della sua straordinaria saggezza tutti la rispettavano profondamente e provavano verso di lei un timore reverenziale“- scrisse Socrate Scolastico.

Poiché tale era la natura di Ipazia, era cioè pronta e dialettica nei discorsi, accorta e politica nelle azioni, il resto della città a buon diritto la amava e la ossequiava grandemente e i capi, ogni volta che si prendevano carico delle questioni pubbliche, erano soliti recarsi prima da lei” – fa eco Damascio. 

Con la morte di Ipazia, venne distrutta una delle più esemplari comunità scientifiche di ogni epoca. Chissà se per paura di ripercussioni o perché fosse una donna, venne addirittura nei secoli additata come strega che plagiava le menti, nessuno, si proclamò suo allievo e nessun filosofo si dichiarò suo erede. 

Ipazia faceva paura, come le donne libere di ogni epoca.

Parlava, studiava, divulgava, pensava, apriva le menti, non chinava il capo, era una donna pericolosa per il potere e per questo fu trucidata.

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