letteratura

Jamaica Kincaid

Jamaica Kincaid
Jamaica Kincaid

Jamaica Kincaid, scrittrice caraibica di lingua inglese con cittadinanza statunitense.

Il suo vero nome è Elaine Cynthia Potter Richardson, è nata a Saint John’s, Antigua il 25 maggio 1949.

A 16 anni si è trasferita a New York per lavorare presso una famiglia come ragazza alla pari. Successivamente ha studiato fotografia alla New York School for Social Research.

I suoi primi scritti sono stati pubblicati sulla rivista Ingenue.

Nel 1973 si è scelta il nome d’arte Jamaica Kincaid perché la famiglia disapprovava il suo lavoro.

Passata al The New Yorker, ha cominciato a scrivere le storie diventate At the Bottom of the River, il suo romanzo d’esordio del 1983.

Nel 1995 ha rinunciato al suo lavoro di giornalista per scrivere. Attualmente insegna scrittura creativa al Bennington College e studi afro-americani all’Università di Harvard.

Nei suoi romanzi la questione della lingua, doppia, imposta, non scelta, subita e del mondo di appartenenza, sono temi sempre presenti.

Ha scritto vari libri, saggi e narrativa, in cui ricorrono, in una prosa ritmica ed evocativa, i temi che costituiscono la sua cifra caratteristica: la rabbia per le ferite del colonialismo, i difficili rapporti intergenerazionali, la sofferta ricerca di una identità personale e culturale.

Ha ricevuto una laurea honoris causa in lettere dalla Wesleyan University.

Il suo sguardo acuto di scrittrice, oltre ad attingere dalla sua autobiografia, è tornato, a più riprese, sulle sue isole riguardo alle quali, con estrema lucidità associa il turismo al colonialismo.

Non ci sono i Caraibi idilliaci nella sua scrittura e tanto meno nei suoi racconti, pervasi sempre da un senso di fatalismo, da qualcosa di già avvenuto e di imprescindibile.

Nelle sue opere tocca sovente la questione del colonialismo e della rabbia impotente che questo ricordo sempre presente nella lingua, nei gesti, negli sguardi, nel senso di inferiorità indotto, le provoca.

Le sue sono storie di solitudine e di risentimento, di insofferenza per la “stanza nera del mondo”, di una donna diversa anche nel suo paese perché creola.

Un percorso nell’infelicità, dove le durezze del mondo si scontrano con il suo carattere roccioso e visionario.

 

#unadonnalgiorno

 

 

 

 

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