femminismistoria

Elisa Salerno

Elisa Salerno

Diedi la mia preferenza alla Causa della Donna, perché fra tutte è la più bisognosa di difesa, la più trascurata e disamata.

Elisa Salerno, femminista cattolica che la chiesa ha avversato e scomunicato, è stata scrittrice, giornalista, teologa, pensatrice e attivista.

Agli inizi del Novecento ha agito per promuovere i diritti delle donne nel mondo del lavoro, nella Chiesa e nella società.

Più volte censurata dalla chiesa e dal regime fascista, si è occupata di parità salariale e tutela della maternità, di violenza e abusi sulle donne, ha sostenuto l’istruzione femminile e la presenza in ruoli di responsabilità.

È stata la prima donna in Italia a fondare un giornale per le lavoratrici, La Donna e il Lavoro, stampato dal 1909 al 1918 e che ha continuato a essere pubblicato fino al 1927 con il titolo Problemi Femminili.

Nata a Vicenza il 16 giugno 1873 era figlia la seconda dei nove figlie e figli di Antonio e Giulia Menegazzi, di cui erano sopravvissute soltanto lei e la sorella maggiore, Maria.

Cattolici devoti e praticanti, entrambi i genitori mostrarono una certa apertura al mondo della cultura: la madre era assistente nelle scuole elementari femminili e insegnante di catechismo; il padre aveva in più occasioni appoggiato gli interessi e le imprese culturali della figlia.

Per problemi di salute, aveva dovuto lasciare la scuola ma da autodidatta aveva studiato latino, storia, filosofia, francese e tedesco.

Dedita all’associazionismo religioso femminile, dal 1891 aveva aderito al ramo femminile del Terz’ordine francescano, voleva diventare una suora ma venne rifiutata per le sue precarie condizioni di salute.

Nel 1896 era entrata nella Società cattolica femminile di mutuo soccorso e conosciuto diversi esponenti del movimento di orientamento democratico-cristiano che si occupava di attivismo sociale.

Nel 1905, interessata all’attività giornalistica, aveva iniziato a collaborare con il periodico vicentino di orientamento democratico-cristiano Il Vessillo bianco e poi per un breve periodo col più conservatore Il Berico, che ne aveva censurato parecchi articoli ritenuti troppo femministi e sovversivi.

L’esperienza dei contrasti interni al mondo cattolico, il comportamento degli ambienti conservatori e i diffusi pregiudizi sulle donne al loro interno trovarono spazio nel suo primo romanzo, pubblicato sotto lo pseudonimo di Lucilla Ardens, Un piccolo mondo cattolico del 1908, attaccato dalla diocesi di Vicenza che l’aveva indotta a fare atto di pentimento e ad accettare la sistematica azione di controllo e censura.

Nel 1909, aiutata economicamente dal padre, da diverse sottoscrizioni di esponenti laici ed ecclesiastici del movimento cattolico sociale di tutta Italia,  con alcuni contributi di Antonio Fogazzaro, aveva fondato il giornale La donna e il Lavoro (prima settimanale, poi quindicinale) di cui assunse la direzione.

Sulla rivista aveva pubblicato a puntate la Trattazione della donna, sulla condizione della donna in famiglia e nella società, su lavoro e  emancipazione, sottolineando il suo diritto di partecipare ad un movimento sindacale cattolico, dichiarazioni osteggiate dalla gerarchia cattolica che hanno dato inizio alla sua lunga lotta femminista.

Una svolta fondamentale nella sua spiritualità e nel suo pensiero avvenne nel 1915, dopo aver letto la Summa theologica di San Tommaso d’Aquino vi aveva trovato una serie di affermazioni che denigravano la figura femminile.

In reazione a quella lettura, nel 1917, aveva redatto l’opuscolo Per la riabilitazione della donna sotto forma di un esposto-lettera indirizzato a papa Benedetto XV.

La pubblicazione aveva suscitato una violenta reazione da parte degli ambienti ecclesiastici e soprattutto del vescovo Ferdinando Rodolfi che aveva rimosso il giornale dalla stampa cattolica e l’aveva costretta a presentare “un regolare e completo atto di sottomissione“.

Ma le sue idee nella sostanza non cambiarono e vennero riproposte negli anni successivi sulle pagine del nuovo periodico Problemi femminili, che nacque alla fine del 1918.

Tra il 1920 e il 1927 ha dato alle stampe vari scritti in cui attaccava l’anti-femminismo cattolico, mettendo anche in dubbio l’autorità dei vescovi e del papa quando prendevano posizioni antifemministe. Una delle polemiche più pesanti riguardò il catechismo scritto e pubblicato dal vescovo di Vicenza. Tanto che, nel marzo 1925 Rodolfi proibì con apposito decreto la stampa, la lettura e la vendita del suo giornale.

Questa volta, rifiutandosi di sottoscrivere l’atto di sottomissione, venne  privata dei sacramenti.

La sua battaglia giornalistica sui problemi del lavoro femminile e sulla promozione della donna divenne sempre più difficile. Al divieto ecclesiastico relativo alla pubblicazione del giornale si aggiunse l’azione censoria del regime fascista e i problemi economici.

Dopo la morte del padre, nel 1923, si ritrovò con rendite insufficienti al mantenimento proprio e delle due nipoti che vivevano con lei e la rivista, nel marzo 1927, aveva smesso di essere pubblicata.

Costretta al silenzio fino al 1945, i suoi testi Due sorelle – due nature – due sistemi, Il neoantifemminismo, Storia della musica sacra in rapporto al diritto della donna e Le tradite, scrissi nel ventennio fascista, vennero pubblicati soltanto nel secondo dopoguerra.

Molti altri suoi manoscritti non sono mai stati dati alle stampe.

Elisa Salerno è stata una femminista profondamente religiosa, ha provato a operare una presa di coscienza all’interno dell’istituzione ecclesiastica, ha tenuto fitte corrispondenze con alti esponenti del clero ed è stata più volte scomunicata e costretta a fare ammenda, pur di continuare a ricevere i sacramenti, non è riuscita a scardinare nemmeno di una virgola un sistema patriarcale che ancora oggi non tiene nella giusta considerazione la figura della donna.

Si è spenta a Vicenza, ormai povera e consumata dalle malattie, il 15 febbraio 1957.

“Far del femminismo a Vicenza è lo stesso come voler a forza di unghie scavar terra e terra onde trovare una vena d’acqua per dissetarsi”.

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