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Janis Joplin

Janis Joplin

Molti artisti hanno un modo di fare arte e uno di vivere. Per me ce n’è uno solo”.

Janis Joplin può essere considerata senza alcun dubbio la più grande cantante blues bianca del ventesimo secolo. Una voce meravigliosa e graffiante, le sue interpretazioni, rimaste immortali, trapelavano tutto il suo disagio e la difficoltà di stare al mondo.

Morta giovanissima, a ventisette anni, fa parte del maledetto Club 27, composto da straordinarie musiciste e musicisti morti tragicamente a quella giovane età lasciando un contributo essenziale nella storia della musica.

È stata una donna ribelle, vulnerabile, fragile e anticonformista che ha cantato come nessuna bianca aveva mai fatto prima.

Un’interprete straordinaria che ha vissuto una vita piena di eccessi per tentare di dimenticare che era sola, triste e molto insicura.

Janis Lyn Joplin nacque il 19 gennaio 1943 a Port Arthur, nel Texas più profondo e grigio, fatto di cemento e piattaforme petrolifere, suo padre, infatti, lavorava presso una raffineria, la madre era insegnante.

Sin da bambina amava la musica, era piena di curiosità, tanto entusiasmo ma anche di una divorante inquietudine. Non le piaceva la scuola, le andava stretta la famiglia, solo la musica leniva il suo disagio. Ascoltava vecchi dischi blues e jazz, sognava di essere Billie Holiday, una star, una sirena con la pelle di velluto.

Al liceo si vedeva brutta, senza forme. Aveva modi bruschi, era sgraziata e sboccata.

Veniva spesso derisa dai compagni di classe, bullizzata per la sua fisicità e la tendenza a vestirsi come un maschio, cosa molto inusuale in quel periodo. A volte si presentava a scuola a piedi nudi. Veniva anche insultata per i suoi ideali di uguaglianza fra gente bianca e nera.

Un giorno del 1963 prese il coraggio a due mani e con un amico delle sue parti, Chet Helms, fece l’autostop fino a San Francisco, la città dei sogni e della libertà. Il Texas, con la sua mentalità eccessivamente chiusa e retrograda, le impediva di essere quello che voleva, una ragazza libera e padrona della sua vita.

Mentre muoveva i primi passi come cantante in vari locali, iniziò a drogarsi per superare paure e difficoltà, viveva in un vecchio palazzo vittoriano al 1090 di Page Street, una comune che avrebbe fatto la storia della San Francisco alternativa e alimentato il mito del “sesso, droga e rock and roll”. C’è rimasta due anni, eccitata e tramortita dalle molte occasioni, dai molti incontri, dalla libertà sfrenata.

Nel 1965 è tornata a Porth Arthur per organizzare il suo matrimonio con un ragazzo che poi non ha mai sposato, forse tentava soltanto di allontanarsi dalla droga nella sua città natale, puritana e dai sani principi. Si era iscritta ai corsi di sociologia alla Lamar School, ma la sua permanenza non è durata a lungo.

Tornata a San Francisco si è immersa nel movimento beat, nella controcultura dilagante che parlava di amore, pace e libertà in contrapposizione alle lotte razziali e alla guerra in Vietnam.

L’11 giugno 1966 ha debuttato con la band Big Brother & The Holding Co. e, nel giro di quattro anni, è diventata una superstar passando dall’entusiasmo alla crisi più nera. È nata e risorta più volte facendo, intanto, brandelli della sua vita.

Il grande pubblico ha potuto ascoltare per la prima volta la sua voce intensa e graffiante al festival di Monterey nel giugno 1967, il primo della storia rock. Quella tre giorni è rimasta indimenticabile anche per la chitarra bruciata da Jimi Hendrix.

Albert Grossman, manager di Bob Dylan, la prese nella sua scuderia procurandole un ingaggio importante con una major. Janis Joplin e i Big Brother registrarono Cheap Thrills, album considerato la pietra miliare dell’Acid Rock, che rimase primo in classifica per otto settimane vendendo un milione di copie e conquistando il Disco d’Oro.

Quella giovane donna innamorata del blues che desiderava soltanto esprimere se stessa venne afflitta e soffocata da richieste e responsabilità che non sapeva gestire.

Cambiò il suo modo di vestire, abiti dai colori vivaci, collane, bracciali, anelli vistosi e piume nei capelli. 

Saliva sul palco sbronza e drogata, non riusciva a gestire le sue dipendenze, nonostante i vari tentativi di ripulirsi.

Alcol e droga alimentavano la sua fame di emozioni. Cantare davanti a un pubblico era un rito d’amore totale e corrisposto che amplificava quelle emozioni. In poco tempo si affermò come la regina del blues, anche in trasmissioni televisive.

La sua capacità di trasformare la sofferenza in meraviglia, andava al di là degli eccessi in cui si perdeva. Lanciava nell’aria la sua anima blues che diventata voce e ritmo.

Le sue canzoni sono suppliche. Una costante ricerca d’amore.

Cambiò band, fondò la Kozmic Blues Band con cui le cose non andarono molto bene.

Sommersa dall’inquietudine, a volte sembrava presa da un furore autolesionista, si insinuò il dubbio che il suo canto disperato non fosse un grido di liberazione ma un affronto personale, un gesto di autopunizione.

Nell’agosto del 1969 ha partecipato al mitico Festival di Woodstock, nelle lunghe ore di attesa prima di esibirsi assunse pesanti dosi di stupefacenti col risultato di esibirsi con parecchie stonature e incertezze al punto che volle la cancellazione dalle registrazioni audio dell’evento.

Nel 1970 lasciò San Francisco, allontanando le cattive compagnie, comprò una casa nella quiete di Marin County per voltare pagina davvero. Sosteneva di aver trovato l’uomo della sua vita e pensava al matrimonio.

Con una nuova formazione, la Full Tilt Boogie Band fece un tour in Canada dal titolo Festival Express 1970. Nei filmati realizzati appare felice e spensierata, le sue performance intense e memorabili.

L’ultima volta in cui si è esibita è stato a Port Arthur, la sua città natale, per festeggiare i laureati del suo anno. Anche in quell’occasione l’alcol fu il suo compagno di viaggio.

Era a Los Angeles per registrare un album, aveva una camera al Landmark Hotel a Hollywood, quando, la mattina del 4 ottobre 1970, attesa in studio per registrare, è stata trovata a terra, nella sua stanza, stroncata da un’overdose.

Era morta da 18 ore, il viso riverso sul pavimento e il corpo incastrato fra il letto e il comodino.
Le sue ceneri vennero sparse lungo la costa di Marin County, in California.

A soli 27 anni aveva già scritto la storia del blues e del rock.

Interprete fragile e grintosa, viene ricordata per le sue performance trascendentali, catarsi dell’anima per chi ascolta il graffio della sua voce che arriva dritto al cuore.

Non è stata solo una cantante di successo, era un’icona della nuova condizione femminile, protagonista della rivoluzione culturale di quegli anni. Sul palco parlava di sesso senza alcun pudore, ha ammesso senza remore anche la sua bisessualità.

Era una giovane donna istintiva, passionale, generosa che pericolosamente confondeva realtà e finzione scenica.

Il disperato bisogno d’amore che cantava nelle sue canzoni era quello della sua vita reale, fatta di solitudine e malinconia dopo frettolose avventure nei camerini o in stanze d’albergo.

In pochi anni di vita ha segnato la storia della musica.

#unadonnalgiorno

 

 

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