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Alda Merini, la poeta dei Navigli

Alda Merini

Alda Merini è forse la nostra poeta più amata, di sicuro quella più citata.

La sua è stata una vita difficile, segnata da alti e bassi, momenti bui, legati all’esperienza del manicomio e momenti di gloria, quando la passione per la poesia, la letteratura e l’amore sono state riconosciute e esaltate.

Nei suoi versi traspaiono l’intensità, l’onestà e l’enorme valore delle sue parole.

Alda Giuseppina Angela Merini nacque a Milano il 21 marzo 1931. Suo padre Nemo, impiegato alle assicurazioni, era figlio di un conte comasco diseredato per aver sposato una contadina, la madre, Emilia Painelli, era casalinga.

Sin da piccola aveva un carattere malinconico, tendeva a isolarsi e amava studiare. Crebbe tra un padre colto e affettuoso che incoraggiava la sua formazione e una madre severa, pragmatica, che mal tollerava il suo desiderio di leggere e sognare una vita diversa dalla sua. Quando era alle elementari sviluppò una vera e propria ossessione per la chiesa, andava a messa più volte al giorno e desiderava farsi monaca, cosa che preoccupò i familiari. Questa esaltazione mistica ripercorrerà varie tappe della sua turbolenta esistenza e produzione letteraria.

Nel 1943, durante la guerra, la loro casa venne distrutta dai bombardamenti e la piccola Alda, insieme a sua madre e suo fratello Ezio, appena nato, fuggì a Vercelli da una zia, per sopravvivere andò a lavorare nelle risaie. Dopo tre anni, la famiglia si ricongiunse a Milano. Fece l’esame di ammissione per il ginnasio ma non superò la prova di italiano. Suonava il pianoforte e scriveva poesie. Ha esordito a soli 15 anni in un’antologia grazie a Giacinto Spagnoletti, critico letterario e scrittore, conosciuto tramite un’insegnante delle medie, che divenne la sua guida e, per primo, ne valorizzò il talento. Tornata a casa con una bella recensione di un suo testo trovò l’opposizione della famiglia che non vedeva di buon occhio le sue ambizioni.

Nel 1947 si palesarono quelle che ella stessa definì “prime ombre della sua mente“, venne internata per un mese all’ospedale psichiatrico di Villa Turno dove le fu diagnosticato un disturbo bipolare.

Nel 1950, Spagnoletti pubblicò due sue liriche nell’Antologia della poesia italiana contemporanea 1909-1949. L’anno successivo, su suggerimento di Eugenio Montale e di Maria Luisa Spaziani, nella raccolta Poetesse del Novecento, vennero pubblicate altre due sue poesie.

Il 9 agosto 1953, Alda Merini sposò Ettore Carniti, operaio e sindacalista, che in seguito aprì alcune panetterie e da cui ebbe quattro figlie, cresciute lontano da lei. Nello stesso anno ha visto la luce il suo primo volume di versi intitolato La presenza di Orfeo, seguito da Nozze Romane e Paura di Dio.

Dal 1964 al 72, con brevi interruzioni in cui è tornata in famiglia, è stata internata al Paolo Pini, dove ha conosciuto la misera condizione degli emarginati dalla società. È stata esposta a numerosi elettroshock e alle torture e privazioni destinate alle persone con disturbi mentali o semplicemente fuori dagli schemi, prima della legge Basaglia.

Dopo alternati periodi di salute e malattia, durati fino al 1979, è tornata a scrivere testi intensi e drammatici che raccontano le sconvolgenti esperienze in manicomio, raccolti in La Terra Santa, considerato il suo capolavoro.

Alla morte del marito, nel 1981, quell’uomo che aveva tanto amato ma che, quando era ubriaco e vittima dei propri demoni la picchiava e l’aveva costretta a tanti anni di reclusione, rimasta sola e ignorata dal mondo letterario, ha cercato inutilmente di diffondere i propri versi. Iniziò una lunga e intensa amicizia telefonica, basata sulla poesia e sulla solidarietà con il medico e poeta tarantino Michele Pierri. Sentimenti che si trasformarono in amore tanto che, il 6 ottobre 1984, si sposarono. Lui aveva 85 anni e lei 53. Insieme vissero qualche anno felice prima della dipartita del coniuge. Il loro amore, che a molti sembrò una bizzarria, fu un legame sublime, che consentì alla poeta di ritrovare se stessa. Si trasferì a Taranto, dove nacquero le opere che la imposero al grande pubblico: La gazza ladra e L’altra verità. Diario di una diversa, il suo primo libro in prosa.

Nel 1986 venne ricoverata nel reparto di neurologia dell’Ospedale di Taranto e, tornata a Milano in preda a una forte crisi per la malattia terminale del marito, ha iniziato una terapia con la dottoressa Marcella Rizzo, a cui ha dedicato più di una poesia. 

Per un periodo frequentava il caffè-libreria Chimera, sui Navigli, dove nacquero Delirio amoroso e Il tormento delle figure.

Nel 1993 ha ricevuto il Premio Librex-Guggenheim Eugenio Montale per la Poesia, che l’ha consacrata tra i grandi letterati suoi contemporanei.

Dopo cinque anni dalla richiesta, nel luglio 1995, Alda Merini, oberata dai debiti accumulati, ha potuto usufruire del fondo destinato agli artisti che vivono in precarie condizioni economiche previsto dalla Legge Bacchelli

Nel 1996 le è stato assegnato il Premio Viareggio e l’anno seguente il Premio Procida-Elsa Morante. 

Nello stesso periodo ha stretto una forte amicizia con l’artista bergamasco Giovanni Bonaldi col quale ha pubblicato diversi libri d’artista. Negli ultimi anni della sua vita, è passata dalla scrittura a un’oralità che l’ha condotta sempre più verso testi assai brevi e, infine, all’aforisma di cui ha pubblicato varie raccolte.

Nel 2002 ha visto la luce il piccolo volume Folle, folle, folle d’amore per te, con un pensiero di Roberto Vecchioni che aveva già scritto per lei Canzone per Alda Merini.

Nel marzo del 2004 è uscito l’album, Milva canta Merini, che contiene undici motivi tratti dalle sue poesie con le musiche di Giovanni Nuti presentato con un recital il 21 marzo, giorno del suo settantatreesimo compleanno, al Teatro Strehler di Milano.

Nel 2005, ormai in una fase mistica della sua esistenza, ha pubblicato l’album Poema della croce, opera sacra tratta dall’omonimo testo religioso, rappresentata nel Duomo di Milano con lei che recitava nel ruolo di Maria.

Nel 2007 con Alda e Io, Favole, scritto a quattro mani con il favolista Sabatino Scia, ha vinto il Premio Elsa Morante Ragazzi e ottenuto la laurea honoris causa in Teorie della comunicazione e dei linguaggi presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Messina, dove ha tenuto una lectio magistralis sui meandri tortuosi del suo vissuto.

Il documentario Alda Merini, una donna sul palcoscenico, presentato alle Giornate degli Autori della 66ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, ha visto la partecipazione di Mariangela Melato.

È morta il 1° novembre 2009 nel reparto di oncologia dell’ospedale San Paolo a causa di un tumore osseo. Dopo tre giorni si sono tenuti i funerali di Stato nel Duomo. Nel marzo 2010 il Comune di Milano ha apposto una targa sul muro della sua abitazione sui Navigli.

In sua memoria le figlie hanno creato un sito internet.

Ho avuto quattro figlie. Allevate poi da altre famiglie. Non so neppure come ho trovato il tempo per farle. Si chiamano Emanuela, Barbara, Flavia e Simonetta. A loro raccomando sempre di non dire che sono figlie della poetessa Alda Merini. Quella pazza. Rispondono che io sono la loro mamma e basta, che non si vergognano di me. Mi commuovono.

Nel 2016, nel giorno della sua nascita Google le ha dedicato un doodle.

Alda Merini ha vissuto intensamente una vita ai margini, è stata la voce degli esclusi, si è rappresentata nonostante il dolore.

Ha subito sulla propria pelle le umiliazioni imposte a chi soffriva di disturbi mentali. È stata testimone diretta degli orrori che avvenivano all’interno dei manicomi, in un tempo in cui i diversi erano nascosti dalla società, per non creare scandalo.

È stata una donna coraggiosa e ottimista, nonostante tutto, non ha mai smesso di innamorarsi e interrogarsi. Ha trasformato la sua sofferenza in poesia, speranza e amore. 

 

#unadonnalgiorno

 

 

 

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