Kate Marsden, infermiera e esploratrice britannica, è stata una delle prime donne ammesse alla Royal Geographical Society.
Ha vissuto un vita avventurosa e insolita per i tempi in cui ha vissuto.
Ha curato i feriti di guerra in Bulgaria, lavorato in Nuova Zelanda, si è confrontata con Louis Pasteur a Parigi, è stata in Egitto, Palestina, Cipro e in Turchia, ha attraversato il Caucaso e si è spinta fino alla taiga siberiana alla ricerca di una misteriosa pianta per curare la lebbra e lì è riuscita ad aprire un ospedale.
Nata a Edmonton, Londra, il 13 Maggio 1859, era la minore degli otto figli e figlie in una famiglia agiata le cui sorti erano cambiate con la prematura morte del padre.
Ribelle e intollerante all’autorità, sin da bambina, si rifiutava di conformarsi e ricevere un’educazione da signorina perbene come conveniva al suo rango. A ricamare preferiva arrampicarsi sugli alberi e alla letteratura preferiva le scienze.
Voleva fare l’infermiera e dopo aver tentato ovunque, rifiutata perché troppo giovane, a 17 anni era riuscita a farsi ammettere presso l’ospedale religioso di Tottenham.
Durante la sua prima missione in Bulgaria tra i feriti della guerra russo-turca, era entrata in contatto con i lebbrosi e aveva deciso che la sua missione sarebbe stata quella di curare la terribile malattia che affliggeva tutta l’Europa e costringeva le persone che ne erano affette a emarginazione e isolamento.
Dopo aver lavorato in alcuni ospedali britannici, nel 1884, afflitta da tubercolosi, come gran parte della sua famiglia, era andata con la madre e la sorella in Nuova Zelanda alla ricerca di un clima più salubre.
Ristabilitasi, era diventata infermiera capo dell’ospedale di Wellington che aveva diretto con talento e dove aveva istituito l’innovativa St. John’s Ambulance Brigade per il primo soccorso.
Ha viaggiato tra Europa e Medio Oriente fino a quando, a Costantinopoli un medico inglese le aveva parlato delle proprietà terapeutiche di una pianta rinvenuta in Jacuzia, nella Siberia orientale, in grado di curare la lebbra.
Trovare il rimedio alla malattia era diventato il suo scopo primario.
Dalla Turchia, attraversando il Caucaso, era andata a Mosca dove aveva ricevuto un riconoscimento dalla Croce Russa e incontrato la zarina Maria Fedorovna che ne aveva supportato e incoraggiato la spedizione verso la Siberia.
Un viaggio senza precedenti per una donna del diciannovesimo secolo.
Partita l’1 Febbraio 1897 ha percorso oltre 20.000 km in treno, slitta, cavallo e chiatta. Un’impresa difficile e pericolosa. Per proteggersi dal freddo indossava un vestito talmente imbottito che le impediva di piegare le gambe e necessitava di essere messa di peso da più persone sulla slitta.
La ricerca dell’erba miracolosa, alla fine, si era rivelata infruttuosa ma ciò che aveva visto l’aveva convinta ad aprire un ospedale per lebbrosi in Siberia.
Per contribuire al finanziamento del progetto aveva scritto il libro On Sledge and Horseback to Outcast Lepers che racconta il suo viaggio e intrapreso un tour di conferenze nel Regno Unito e negli Stati Uniti dove ha anche partecipato alla World’s Columbian Exposition di Chicago.
Con una raccolta fondi internazionale è riuscita finanziare un centro che prevedeva la costruzione di un villaggio con due ospedali per uomini e donne, alloggi per il personale medico, una chiesa, laboratori, panetteria e un obitorio. Inaugurato a Viljujsk nel 1897, è rimasto in funzione fino al 1962.
Il successo di questa donna intrepida che aveva attraversato territori remoti e non temeva di avvicinare, l’aveva resa un personaggio pubblico.
Ma, se c’era chi ne esaltava le gesta, ebbe anche dei detrattori che ne hanno messo in dubbio l’operato, insinuando che si era servita della causa dei lebbrosi per arricchirsi e che quello intrapreso era stato un viaggio di piacere.