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Pia Pera, la scrittrice dei giardini

Pia Pera, la scrittrice dei giardini

Non chiamatele ‘erbacce’: le erbe spontanee sono ospiti della mia terra!

Pia Pera è stata una scrittrice e traduttrice slavista che ha dedicato una buona parte della sua vita a scrivere di giardini, elaborando un suo personale concetto filosofico.

Nata a Lucca il 12 marzo 1956, era figlia del giuslavorista Giuseppe Pera e della filosofa Elvira Genzone.

Aveva una laurea in Filosofia all’Università di Torino, un dottorato in storia russa alla London University e una specializzazione della lingua russa a Mosca dove ha vissuto per due anni.

Insegnava letteratura russa all’università di Trento, svolgendo al contempo l’attività di traduttrice di autori come  Puškin, Čechov e Lermontov. Abbandonata la carriera accademica, aveva lavorato per qualche anno a Milano con Garzanti, come editor incaricata anche della ricerca di autori di lingua russa o inglese.

È del 1992 il suo primo libro La bellezza dell’asino, una raccolta di cinque racconti onirici che esplorano con audacia e grande profondità la natura umana e le relazioni sociali a partire dall’eros. Mostrano quanto il mondo possa essere completamente diverso, persino capovolto, se osservato e analizzato da un’altra prospettiva, collaterale e estraniante.

Ha scritto vari libri di narrativa e saggistica, anche una sua versione di Lolita dal punto di vista della protagonista che attirò le ire degli eredi di Nabokov.

Ha vissuto in Francia dove, sulle tracce di un’utopia moderna reale, è nato L’arcipelago di Longo Maï. Un esperimento di vita comunitaria, che parla di un’esperienza di autogestione nata in Provenza nel 1972.

Negli ultimi anni della sua vita, da quando si era volontariamente trasferita nelle campagne di Lucca, dove aveva ereditato un casolare, scriveva di giardinaggio su alcune riviste come The Times Literary Supplement, Diario, curando anche le rubriche apprendista di felicità su Gardenia e Verdeggiando sulla Domenica del Sole 24 Ore, in cui aveva esordito nel 2008 con un pezzo in difesa delle erbacce.

Scrivere di giardini, dall’angolo di mondo dove si era rifugiata, concepito come un luogo sacro, un rifugio sicuro e inespugnabile, era diventata una sorta di vocazione.

L’amore per il suo orto e giardino, vissuto dapprima in una maniera Zen, pieno di erbe spontanee, portate lì dal vento e dagli uccelli, lasciava libero spazio alla sua fantasia, all’intuito e al buon senso. Centinaia di varietà di fiori, verdure e piante (alcune recuperate da semi antichi fatti arrivare da una banca londinese), conferivano al luogo un aspetto di giungla attraversata da ordinati vialetti.

Aveva trovato tra le piante il suo posto nel mondo, il luogo dove si sentiva felice.

La sua scrittura che, inizialmente, era stata scoppiettante, mordace, dissacrante, nella natura aveva assunto un nuovo andamento, sempre audace e anticonformista ma più pacato e riflessivo.

Il primo libro di questa nuova vita è stato L’orto di un perdigiorno. Confessioni di un apprendista ortolano.

Manteneva contatti con varie organizzazioni legate alle piante appoggiando azioni di guerrilla gardening,  semine clandestine in spazi abbandonati delle città.

Nel 2006 aveva aperto il sito www.ortidipace.org, dove trattava di orti e giardini didattici in scuole e spazi pubblici e ha scritto Il giardino che vorrei.

Il giardino, per Pia Pera, travalicando il concetto di natura diventava cultura, filosofia. È tra le piante che sentiva di aver trovato il suo posto nel mondo, di essere dove esattamente doveva essere, forse “per la più primordiale delle complementarità, quella tra animale e pianta, tra creature specularmente opposte, che si nutrono l’una del respiro dell’altra”.

Il suo spazio verde era un luogo strano e bellissimo, una vera repubblica delle piante, gentile e selvatico nello stesso tempo, la realizzazione della sua piccola utopia. Il lavoro nella coltura era per lei un lenitivo, terapia e prevenzione contro i mali del mondo contemporaneo.

Nel 2007 ha scritto il libretto dell’opera rock Pia come la canto io di Gianna Nannini, basata sulla figura di Pia de’ Tolomei. Testi altamente poetici che uniscono suggestioni antiche, medievali, a valenze e sapori moderni e contemporanei, con un duro plurilinguismo, con accenni anche al triviale, alla maniera dantesca.

Malata di Sla dal 2012 e costretta da tempo sulla sedia a rotelle, è morta il 26 luglio 2016.

Pochi giorni prima non era riuscita a andare a ritirare  il riconoscimento speciale della giuria del Premio Rapallo per la sua ultima fatica, Al giardino ancora non l’ho detto.

Il libro è il diario di un progressivo restringersi delle possibilità del corpo, fino alla quasi totale immobilità degli ultimi giorni, quando riusciva ormai a comunicare soltanto attraverso i messaggi vocali di WhatsApp.

Pia Pera nella sua intensa vita, con grazia stupefacente, ha fatto giardinaggio come se fosse letteratura e ha reso il giardinaggio una forma di letteratura.

#unadonnalgiorno

 

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