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Camille Claudel scultrice fatta dichiarare pazza dalla famiglia

Camille Claudel scultrice dichiarata pazza

Camille Claudel è stata una scultrice, un genio artistico che, su richiesta della famiglia (e contro la sua volontà) è stata internata e sequestrata per 30 anni. Un grande talento, artista originale che scolpì il suo amore per colui che le aveva insegnato tutto, Auguste Rodin.

Nata a Fère-en-Tardenois l’8 dicembre del 1864, voleva diventare scultrice già dall’età di dodici anni, e fu proprio la costanza con cui si applicava alla modellatura che convinsero suo padre a darle il permesso di studiare a Parigi, privatamente e presso l’Académie Colarossi, sotto la guida dello scultore Boucher.
Studiava a Parigi in un tempo in cui la scuola delle Belle Arti era aperta solo agli uomini. Prese lezioni negli studi d’artista che accettavano le donne.
Tempi difficili per una donna che voleva essere un’artista, per di più scultrice.
Le donne spesso non avevano accesso al nudo, non venivano quasi mai premiate e nelle esposizioni e non erano accettate nella più parte degli atelier. Non potevano – senza permesso delle autorità – indossare pantaloni o abiti comodi, è facile immaginare con quanta difficoltà dovessero destreggiarsi tra marmi e gessi con quelle ampie gonne. A questo si aggiungano le difficoltà economiche per i costi altissimi da sostenere: materie prime (in particolare il marmo, di difficile lavorazione, un colpo sbagliato e andava in fumo tutto il lavoro), assistenti, modelli, fonditori. Camille si dimostrò però caparbia e tenace.
A 18 anni espose per la prima volta al Salon.
Nel 1884 incontrò Rodin, uno dei maggiori artisti della sua epoca, che aveva ventitré anni più di lei. Ne divenne la musa, la modella, l’amante; tra loro nacque una profonda comprensione artistica. Camille Claudel era gelosa, emotivamente violenta, intransigente, con una passione totalizzante. Anche perché lui continuava a avere un’altra donna, con cui aveva anche un figlio e che sposerà nel 1917. Camille gli diede tutto; probabilmente ha anche abortito un figlio suo.

Una relazione passionale e artistica, lavoravano insieme, scolpivano insieme (il museo Rodin e il museo d’Orsay hanno belle opere di questo periodo). In questo vortice di sentimenti, Camille Claudel produsse dei capolavori assoluti: SakountalaLa Valse, il busto di Rodin, Clotho e l’Age Mûr, il suo capolavoro assoluto. Una giovane donna implorante che cerca di trattenere un uomo maturo che viene portato via da un’altra donna.

Il confronto con la scultura di Rodin è sempre presente nelle cronache dell’epoca e possiamo immaginare la fatica di Camille Claudel per trovare posto nel mondo maschilista dell’arte.

Il rapporto fra i due artisti fu tormentato, venne raccontato dallo scultore in decine e decine di disegni, ora conservati al Museo Rodin di Parigi, anche nei risvolti erotici, come fece Camille nelle sue sculture, dando vita ad un kamasutra artistico ispirato al famoso poema indiano.

La rottura del rapporto con Rodin, lasciò un segno indelebile. Camille aveva vent’anni quando lo aveva conosciuto; dopo tredici anni si ritrovò sola a misurarsi con un mondo ostile nei confronti di una donna che oltre a fare un mestiere da uomo, aveva avuto una relazione libera con un uomo tanto più grande, condiviso con un’altra. Per un breve periodo frequentò Debussy che terrà sempre una copia di una sua opera sul pianoforte, forse solo per ingelosire Rodin. Cominciò a trascurarsi e a sentirsi perseguitata dalla “banda Rodin”, barricandosi in casa e uscendo solo di notte.
Si aggravavano i segni di un disordine mentale palesatosi già nel 1896: la donna cominciò a soffrire di manie di persecuzione e nel processo di annientamento di se stessa arrivò anche a distruggere le sue opere.
Nel 1913, una settimana dopo la morte del padre, fu fatta rinchiudere in un manicomio vicino Parigi dalla madre e dal fratello Paul.
Una donna troppo “moderna” per l’epoca venne considerata l’onta della casa.
Scrisse ad amici e parenti chiedendo aiuto, per 30 anni cercò di spiegare al personale dell’ospedale l’ingiustizia che stava vivendo. Sono testimonianze strazianti, che  lasciano trasparire la lucidità della donna internata.
Nei trent’anni d’internamento non avrebbe mai più né disegnato né modellato.
Rodin la sostenne sempre; anche quando venne internata, non le fece mancare un aiuto economico (in forma anonima) e dedicò una sala alle sue opere nella sua casa/museo.

Per Camille la scultura è stata tutto: ne sono piene le lettere e i ricordi di chi l’ha conosciuta. 

Tanto è stato scritto sui suoi deliri. Forse è stato più facile prendersela con quell’uomo a cui aveva dato tanto, piuttosto che ammettere che era la sua famiglia a farla rinchiudere. Madre e fratello le impedirono per anni di incontrare e scrivere agli amici.

Recentemente, le sue cartelle cliniche sono state rese pubbliche: sono piuttosto monotone sullo stato mentale; tuttavia i medici che si sono avvicendati nella direzione del manicomio sono concordi nell’affermare che non era una paziente pericolosa per sé e per gli altri e che tornare in famiglia (come lei stessa chiedeva) avrebbe potuto aiutarla. La madre si rifiuterà sempre di riprenderla in casa, né Paul farà mai qualcosa in tal senso.

In una lettera del 1915 scrive: “Mio caro Paul, ho scritto molte volte alla mamma, a Parigi, a Villeneuve, senza riuscire a ottenere una parola di risposta. E anche tu, che sei venuto a trovarmi alla fine di maggio e ti avevo fatto promettere di occuparti di me e di non lasciarmi in un tale abbandono. Com’è possibile che da allora tu non mi abbia scritto una sola volta e non sia più tornato a trovarmi? Credi che mi diverta a passare così i mesi, gli anni, senza nessuna notizia, senza nessuna speranza! Da dove viene tale ferocia? Come fate a voltarvi dall’altra parte? Vorrei proprio saperlo.”

È morta il 19 ottobre 1943, nessun membro della sua famiglia andò al suo funerale. I suoi resti furono messi in una fossa comune.
Oggi Camille Claudel é stata completamente riabilitata, le sue opere sono esposte accanto a quelle di Rodin e a pochi chilometri da Parigi un museo le é completamente dedicato.

#unadonnalgiorno

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