Fatima Al Qadiri, producer, musicista e artista concettuale, profondamente influenzata dagli aspetti narrativi e immersivi dei videogiochi, esplora fenomeni di traduzione culturale, errata interpretazione o reinterpretazione, attingendo da diverse epoche e geografie.
Con un approccio unico e originale gioca con i confini dei generi musicali e sovverte la natura prevalentemente astratta della musica elettronica, offrendo una narrazione libera.
Le storie che racconta riflettono sugli stereotipi culturali generati dall’imperialismo occidentale, sulle soglie tra diversi stati emotivi, tra il naturale e l’artificiale, ritraendo mondi fantastici che attingono in modo straniante alle molteplici e contraddittorie realtà del presente e del passato.
Nata il 10 luglio 1981 a Dakar, in Senegal, dove suo padre Mohammed Al Qadiri lavorava come diplomatico. Sua madre, Thuraya Al-Baqsami è artista e scrittrice di fama internazionale. Tornata in Kuwait con la famiglia quando aveva due anni, dopo il liceo si è trasferita negli Stati Uniti e, grazie a una borsa di studio, si è laureata alla New York University.
Interessata alla radicale rivoluzione economica e sociale dell’Asia e del modo in cui l’Occidente la guarda e rappresenta, la sua musica esorta a un’insolita forma di isolamento depurativo, mediante il quale il tentativo di affondare il suo turbamento si avvale di una nuova consapevolezza dei fatti e di una costante indignazione.
Attraverso e accanto alla sua produzione musicale, ha sviluppato una serie di collaborazioni con artiste e artisti come Sophia Al Maria, Ryan Trecartin e Telfar Clemens.
Nel 2012, grazie a una sovvenzione dal Fondo arabo per le arti e la cultura, con Khalid Al Gharaballi, ha prodotto l’installazione Mendeel Um A7mad (NxIxSxM) esposta alla Contemporary Art Platform Kuwait.
L’anno successivo è entrata del collettivo artistico GCC, il cui lavoro è stato esposto al MoMA, al Fridericianum, alla Sharjah Art Foundation e al Whitney Museum of American Art.
Il suo primo album in studio, del 2014, Asiatisch, è la descrizione sonora di una Cina iper tecnologica, pixelata, kitsch e completamente inventata. Il disco è una cineseria virtuale capace di offrire improvvisi squarci di bellezza.
Nel 2016 ha prodotto Brute, ispirato alle proteste di Baltimora e i disordini di Ferguson, che affronta il potere autoritario delle forze dell’ordine negli Stati Uniti e l’illusione di democrazia esistente nel mondo occidentale. Un disco politico ma anche alieno e narcotizzante. Un concept meditativo dai risvolti inconsueti.
Ha prodotto le colonne sonore di film come Atlantique di Mati Diop (2019) e La Abuela di Paco Plaza (2022).
Medieval Femme del 2021, è un’interpretazione musicale contemporanea influenzata dalla poesia scritta da donne arabe del Medioevo, la cui copertina è un’opera d’arte di sua madre Thuraya Al-Baqsami, realizzata nel 1990.
L’EP Gumar del 2023, si sviluppa come un delicato equilibrio tra il suo quieto contrappunto elettronico e la voce della cantante kuwaitiana Gumar.
Il brano Mojik (Your Waves) con la voce di Abdullah Al Mutairi è stato utilizzato come parte dell’audio per un intermezzo del Renaissance World Tour di Beyoncé.
Nel 2022 le è stata dedicata una mostra al MACRO di Roma dal titolo Isekai.
Sfidando le convenzioni musulmane legate all’identità di genere e all’orientamento sessuale, Fatima Al Qadiri ha raccontato la scena queer dei paesi del Golfo Persico come materia di espressione ed evasione dalla normatività imposta.
Il mix delle sue culture propone un punto di vista politico che pone l’accento su come viviamo in una rete di giustapposizioni linguistiche e materiali che affondano le radici nel colonialismo e nelle sue conseguenze.
