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Ildegarda von Bingen filosofa e scienziata del Medioevo

Ildegarda von Bingen filosofa e scienziata del Medioevo

Ildegarda von Bingen (1098-1176) è una delle poche donne che occupano un posto nella filosofia occidentale prima dell’età contemporanea. Ebbe un ruolo cruciale negli avvenimenti politici della sua epoca e ci ha lasciato una significativa eredità medica, caratterizzata da grande lucidità e modernità.

Ildegarda von Bingen si cimentò in diversi ambiti di ricerca: formulò la Lingua Ignota, una sorta di esperanto arcaicizzante utilizzato all’interno del suo monastero; fu gemmologa, astrologa e la prima compositrice cristiana.

Grande protagonista della cultura monastica è stata indubbiamente una figura dalla personalità straordinaria, il suo eclettismo, la sua capacità di approfondire il mistero dell’esistenza umana ne fanno una delle figure più importanti del Medioevo.

Fin da bambina subì fenomeni visionari, legati ad uno stato di salute molto fragile; l’accettazione e l’elaborazione in senso cognitivo di queste esperienze le permisero di produrre un pensiero originale e molto incisivo nella realtà del suo tempo. Trascorse tutta la sua lunga vita nel contesto monastico: fu rinchiusa all’età di sette anni nell’abbazia benedettina di Disibodenberg nella regione del Reno, dove ricevette un’educazione accurata, divenne in seguito maestra delle monache e poi badessa. Distaccandosi dal monastero in cui era cresciuta, creò altre due fondazioni femminili nuova nelle vicinanze.

A partire dalla fine degli anni ’40 legò la sua opera di scrittura e di predicazione pubblica all’opera di riforma della chiesa promossa da Bernardo da Chiaravalle; compì numerosi viaggi, allargando il suo raggio d’azione nella Germania centrale e nelle Fiandre. Esercitò la medicina e fu consigliera spirituale non solo di monaci e monache, ma anche di sovrani (fra cui Federico Barbarossa) e potenti laici e ecclesiastici.

Le sue opere principali sono i tre scritti profetici: Liber Scivias (da una contrazione di “Scito vias Domini”, “conosci le vie del Signore”, 1141-51); il Liber vitae meritorum (Libro dei meriti della vita, 1158-63); e il Liber divinorum operum (Libro delle opere divine 1164-74). L’opera naturalistica fu Liber subtilitatum diversarum naturarum creaturarum, Libro che indaga gli aspetti sottili delle nature diverse delle creature, 1158-70) nei secoli successive venne smembrata in due tronconi: la Physica (Fisica, enciclopedia naturalistica) e Causae et curae (Le cause e le cure, dove le conoscenze fisiologiche e mediche relative al corpo umano sono connesse ai principi cosmologici).

Ildegarda compose anche musica su propri testi: una raccolta di liriche ispirate a figure sacre, la Symphonia harmoniae caelestium revelationum (Armonioso concerto delle rivelazioni celesti, ca. 1151-58); e una sacra rappresentazione di contenuto morale, Ordo virtutum (L’ordine delle virtù).

Nei suoi libri profetici e naturalistici Ildegarda espone idee cosmologiche di grande rilievo e di notevole originalità e elabora una visione profetica della storia.

Bernardo da Chiaravalle, venuto a conoscenza delle sue visioni, ne riconobbe subito l’importanza per la propria opera di riforma, in cui si opponeva frontalmente alla nuova cultura delle scuole.

La sua fama si diffuse rapidamente: quando giunse a Federico Barbarossa la portò a intraprendere una fitta corrispondenza con l’imperatore. Anche il papa Eugenio III, che lesse i suoi testi di teologia al sinodo dei vescovi, a Treviri, era solito consultarla poiché le sue profezie si erano sempre “avverate”.

I suoi  scritti parlano, oltre che di teologia, di filosofia della natura, della formazione del cosmo, delle qualità delle cose e di etica, condividendo gran parte del sapere e delle fonti dei suoi contemporanei maestri a Chartres e Parigi.

La badessa di Bingen conosceva teorie filosofiche e mediche antiche. Fu un’antesignana della medicina e studiò la preparazione di rimedi risultanti in parte dai suoi studi e in parte dalle visioni che la colsero sin da giovane.
Sosteneva che il benessere dell’essere umano fosse connesso a quello del mondo circostante e riteneva essenziali l’armonia con il creato e il buon umore per conservarsi in salute. Si lasciò ispirare dal regno vegetale, consapevole dell’importanza delle piante e dei benefici che apportavano: ne studiò l’efficacia per ogni specifico squilibrio, intuendo che ci potesse essere sempre un’apposita cura. Molti dei suoi rimedi sono ancora usati nella fitoterapia contemporanea: a esempio il cumino per curare la nausea, la menta contro il mal di stomaco, il tanaceto contro tosse e raffreddore, la pelosella per favorire la diuresi, l’aneto e l’achillea millefoglie contro l’epistassi cioè il sanguinamento dal naso.

Oltre alle cure per i mali comuni Ildegarda aveva individuato un sistema per mantenersi in salute, per conservare l’energia vitale che al suo venir meno, secondo lei, determinava l’insorgere di malattie. Sosteneva che le patologie erano riconducibili anche a un’alimentazione scorretta, non adatta alle esigenze dell’organismo oppure composta da alimenti sani però male abbinati specie in virtù delle speciali esigenze di ogni individuo, intuizioni straordinarie che ancora oggi hanno una validità incontrovertibile.

Nel De operatione Dei, la sua opera più sistematica, illustra le potenti immagini di un mondo simbolico ricco di analogie: l’uomo è inteso come “operaio della divinità”; la Terra come macrocosmo, materia vivente al pari dell’uomo microcosmo. Sono riflessioni caratterizzate dalla speranza di un accesso al divino che passa attraverso l’umana ragione e l’umana virtù.

La sua riflessione si sofferma anche sulla differenza esistente fra i diversi temperamenti di uomo e  donna, contenuta nell’esposizione della dottrina antica dei quattro umori e caratteri.

«L’eccesso di umore melanconico nell’uomo provoca lussuria e frenesia. Amaro, avido, privo di saggezza, carico di senso di morte l’uomo melanconico desidera le donne ma non le ama e le assale come un lupo di notte o un vento impetuoso che scuote le case: il suo abbraccio non dà tenerezza… La donna melanconica è poco resistente e i suoi pensieri mutevoli vagano qua e là. Dopo aver fatto l’amore si sente sfinita e non sa parlare con dolcezza agli uomini che non ama veramente nel profondo del cuore e che quindi si allontanano da lei. Talvolta il piacere dell’amore la invade ma per breve tempo e subito lo dimentica. Vive meglio, più forte e sana se non si sposa».

Innovativa la sua visione acuta e positiva dell’amore fisico fra uomo e donna, anche qui distinti nel piacere: «l’amore dell’uomo è un ardore simile a un incendio che divampa nel bosco, quello della donna assomiglia al caldo tepore che viene dal sole e fa crescere i frutti…».

Un anno prima di morire i preti di Magonza le imposero il divieto di ricevere l’eucarestia e quello di cantare durante le celebrazioni liturgiche, accusandola di essersi rifiutata di disseppellire il corpo di un nobile colpevole di delitto, assolto e inumato poi nel cimitero del monastero di cui Hilde era badessa. Una pietas, la sua, che la rende sorella di Antigone per la capacità di anteporre le ragioni del cuore a quelle di ogni cieco potere.

Nel 2012 è stata riconosciuta «Santa e Dottore della Chiesa».

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