Albertina Nontsikelelo Sisulu icona e leader della resistenza anti-apartheid in Sudafrica, è stata una coraggiosa paladina della democrazia e dei diritti umani.
Eletta deputata nel primo Parlamento Democratico del Sudafrica, più volte arrestata per il suo grande lavoro sociale a favore della comunità nera, ha fatto parte dell’African National Congress ed è stata fondatrice e co-presidente del Fronte Democratico Unito.
Nel 1944 ha sposato Walter Sisulu, attivista e membro dell’African National Congress con cui ha iniziato il suo impegno politico. Due anni dopo, si è unita alla Lega femminile dell’ANC.
Eletta nel comitato esecutivo nazionale inaugurale della Federazione delle Donne Sudafricane, importante è stato il suo impegno per diverse cause come il boicottaggio delle scuole pubbliche per protestare contro il Bantu Education Act. La sua casa ospitava una delle scuole alternative istituite come parte della protesta.
È stata tra le organizzatrici della famosa Marcia delle Donne dell’agosto 1956 a Pretoria.
Quando, nel 1960, il governo dell’apartheid ha messo al bando l’ANC, suo marito si era dato alla clandestinità e lei è stata la prima donna incarcerata per la legge sulla detenzione dei 90 giorni che prevedeva di tenere gli attivisti in isolamento a tempo indeterminato, senza accusa. Interrogata e torturata, venne rilasciata solo dopo l’arresto del coniuge che, nel 1964 era stato condannato all’ergastolo per aver pianificato il rovesciamento del governo.
Unica fonte di sostentamento della sua grande famiglia, aveva cinque figli e diversi nipoti adottati, mentre svolgeva ogni sorta di lavoro, ha fatto da tramite tra i prigionieri politici e coloro che vivevano all’estero.
Tra il 1964 e il 1989 è stata sottoposta a una serie continua di ordini di interdizione, arresti domiciliari e divieto di partecipazione alle attività pubbliche. Detenuta numerose volte senza processo, in aula è stata assolta dall’accusa di violazione delle leggi sui lasciapassare nel 1958, è stata condannata per aver violato il Suppression of Communism Act nel 1984 e assolta dall’accusa di violazione dell’Internal Security Act nel processo per tradimento di Pietermaritzburg del 1985.
Come leader della comunità di Soweto, ha contribuito alla rinascita della Federazione delle Donne Sudafricane e, quando, nel 1983, ha partecipato alla fondazione del Fronte Democratico Unito, che univa organizzazioni composte da persone nere e bianche, è stata eletta co-presidente. Nel 1989 ha guidato una delegazione dell’UDF in un viaggio all’estero dove ha incontrato diversi capi di stato.
Ha rappresentato il Congresso Nazionale Africano nel primo Parlamento democratico e multirazziale. È stata lei a nominare formalmente Nelson Mandela per servire come primo presidente del Sudafrica dopo l’apartheid, il 10 maggio 1994.
È stata vicepresidente della Lega Femminile dell’ANC dal 1991 al 1993 e membro del Comitato esecutivo nazionale dell’ANC dal 1991 al 1994. Si è ritirata formalmente dalla politica nel 1999.
Ha speso gli ultimi anni della sua vita lavorando per la fondazione che porta il suo nome e che si prende cura di bambini e adulti con bisogni speciali.
Nel 1993 è stata anche eletta Presidente del Consiglio Mondiale per la Pace.
Si è spenta il 2 giugno 2011 a Johannesburg. Definita Madre della Nazione da Mandela, ha ricevuto funerali di stato e il paese ha rispettato il lutto per sette giorni.
Per il suo impegno, ha ricevuto diversi dottorati honoris causa e premi internazionali, le è stata intitolata un’autostrada, numerose scuole e strade.
Nel 2018, in occasione del centenario della sua nascita, il governo sudafricano ha organizzato diverse iniziative per celebrarla, le è stato dedicato un francobollo e un’orchidea.
Un centro di studi scientifici specializzato in tecnologie green, inaugurato nel 2021 dal Ministero dell’Università, porta il suo nome.
Leader coraggiosa, ha lavorato instancabilmente per creare un Sudafrica migliore e più equo.















