Dorothée Munyaneza, cantante, attrice, ballerina e coreografa, è un’artista multidisciplinare che utilizza musica, canto, parole e movimento per affrontare la rottura come forza dinamica.
I suoi lavori investigano le cicatrici della storia, attinge a storie vere, di violenza e sopravvivenza, utilizzando il corpo, la memoria e il nostro tempo per creare uno spazio di risonanza.
Nata in Ruanda nel 1982, è figlia di una giornalista e un pastore che quando aveva dodici anni l’hanno portata in Inghilterra a causa della guerra civile grazie all’impegno della madre in un’organizzazione non governativa che aveva offerto loro un passaggio sicuro per Londra.
Ha studiato alla Jonas Foundation e si è specializzata in Studi Musicali e Sociali alla Canterbury Christ Church University.
Ha collaborato all’album Anatomic degli Afro Celt Sound System e composto e eseguito le partiture vocali della colonna sonora del film Hotel Rwanda del 2004.
L’incontro con il coreografo francese François Verret, le ha fatto maturare l’idea di fondere canto e danza contemporanea.
Il suo primo album, del 2010, è Earth Songs.
Insegna musica alla Scuola Zip Zap in Sud Africa, vanta prestigiose collaborazioni artistiche ed esplora i rapporti tra danza, poesia e musica sperimentale.
Nel 2013 ha fondato a Marsiglia la compagnia indipendente Kadidi il cui lavoro parte dal reale, per far arrivare le voci di coloro di cui non si parla e ascoltare i silenzi e il taciuto.
Nel 2014 ha prodotto l’opera Samedi Détente sul genocidio contro i Tutsi in Ruanda nel 1994, durante il quale vennero sterminate più di 800.000 persone in 100 giorni. Il titolo ricorda un programma radiofonico che ascoltava da bambina. In un lavoro poetico, capace di mescolare ricerca acustica, narrazione e presenza corporea, ha attraversato la sua storia e quella del suo paese, inseguendo i tracciati della propria memoria localizzati nello spazio e nel tempo.
Nel 2017, ha prodotto Unwanted, una ricerca documentaria che ha raccolto le parole di donne vittime di stupro in zone di conflitto come Congo, Ciad, Siria e paesi della ex Jugoslavia. Mostrando il corpo come un campo di battaglia, cerca attraverso il canto, la danza, le immagini di attraversare la distruzione e il rifiuto per celebrare la resistenza e la forza di queste donne.Il lavoro è stato presentato al Festival d’Avignone e al Festival d’Automne à Paris.
Bello spettacolo Toi, Moi, Tituba, la danza e la voce incarnano il legame tra le tracce dei popoli estinti e scomparsi, degli esseri umani dimenticati e cancellati dal passato coloniale e patriarcale, in un presente che non intende cedere all’oblio della storia.
Dorothée Munyaneza dà corpo e voce a chi ha subito quella sopraffazione, quella negazione dell’identità, quella schiavitù e infine il silenzio, in un atto artistico quanto politico che induce a interrogarsi sulla relazione tra violenza, colore della pelle e genere.
Nel 2024 le è stato conferito il Salavisa European Dance Award presso la Fondazione Gulbenkian di Lisbona.
La sua ultima creazione è Umuko, dal nome di un albero dalle proprietà curative, custode di storie antiche e dei suoi ricordi d’infanzia che porta in scena con cinque giovani artisti ruandesi, tra cui ballerini, musicisti e poeti, che, cantando e recitando nella lingua Quiniaruanda, rappresentano la creatività e la determinazione di una generazione nata dopo il genocidio del 1994, rafforzandone l’identità culturale.
Un gruppo che porta con sé la memoria collettiva del Paese e progetta nuovi percorsi, affrontando le sfide del presente con gioia, amore e solidarietà.
Giovani artiste e artisti che, citando Kae Tempest, definisce Brand-new ancients (anziani nuovi di zecca), nuove generazioni capaci di sognare il Ruanda di domani senza dimenticarne la dolorosa storia.















