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Regina Cassolo Bracchi

Regina Cassolo Bracchi

Sono sempre stata all’avanguardia, almeno come pensiero.

Regina Cassolo, scultrice italiana nota nel mondo dell’arte semplicemente come Regina, è stata l’unica donna protagonista del secondo futurismo negli anni Trenta e del Movimento Arte Concreta negli anni Cinquanta.

Per prima ha sperimentato materiali leggeri fino a rendere le sue sculture delle geometrie fluttuanti. La sua sperimentazione avanguardista ha cercato nuove soluzioni tecniche e plastiche in un percorso di de-materializzazione scultorea, di compenetrazione fra materia e vuoto.

Nata col nome di Regina Cassolo a Mede Lomellina, Pavia, il 21 maggio 1894, dopo il diploma all’Accademia di belle arti di Brera, si era formata con lo scultore torinese Giovanni Battista Alloati.

Nel 1921 ha sposato il pittore Luigi Bracchi e si è trasferita a Milano, dove ha vissuto per tutta la vita, tranne brevi spostamenti a Parigi nel 1937 e in Valtellina dal 1942 alla fine della guerra, dopo aver rifiutato di partecipare alla Biennale di Venezia, per non piegarsi alle restrizioni di orientamento fascista.

Nel 1928 ha esposto alla prima Mostra Regionale d’Arte Lombarda presso la Permanente di Milano i bronzi Testa di ragazzo e Popolana.

Nel 1931 la sua prima personale si è tenuta alla Galleria del Senato, in concomitanza con la mostra di pittura del marito Luigi Bracchi,

Aveva esposto opere con materiali insoliti come alluminio, celluloide e latta e la sua scultura atipica aveva riscosso una tiepida reazione da parte della critica, molto più interessata alle opere del coniuge.

Soltanto Edoardo Persico, della rivista La casa bella, aveva notato nel suo lavoro potenzialità evocative e linguistiche di grande modernità.

Dal 1932 al 1940 ha partecipato alle mostre del Movimento Futurista ed è stata l’unica scultrice del gruppo.

Nel marzo 1934 ha firmato con Bruno Munari, Carlo Manzoni, Gelindo Furlan e Riccardo Ricas, il Manifesto tecnico dell’aeroplastica futurista. Durante l’intero decennio ha partecipato alle Biennali di Venezia e si è occupata anche di teatro, scenografia e cinema.

In quegli anni ha visto finalmente riconosciuto il suo lavoro. Nel 1937, a Parigi, aveva ricevuto le lodi di André Breton e da Léonce Rosenberg che le aveva proposto un contratto con la sua galleria, ma aveva declinato per tornare in Italia.

Continuando la sua ricerca sulla materia e sulla sua levità, ha utilizzato materiali come il plexiglas, l’acetato, il rhodoid e si è spinta verso l’astrazione con gli studi sulla geometria dei fiori, che hanno prodotto opere come Fiore in gesso (1945) e Modulazioni (1946).

Nel 1951 si è avvicinata al MAC, il Movimento Arte Concreta, fondato a Milano nel 1948 da Gillo Dorfles, Gianni Monnet, Bruno Munari e Atanasio Soldati con lo scopo di dar vita a un linguaggio artistico basato sulla personale immaginazione e intuizione dell’artista contro ogni riferimento figurativo o significato simbolico.

Negli anni Sessanta ha approfondito il suo interesse per il linguaggio non verbale, per i suoni della natura e del paesaggio.

Il linguaggio del canarino (1966) decifra i versi del suo canarino e li traduce in poesia visiva, una ripresa del paro-liberismo futurista, accompagnandoli con tempere su carta trasparente.

Alla fine degli Anni Sessanta ha partecipato a due mostre dedicate a futurismo e aeropittura, Nuovi materiali, nuove tecniche e Aeropittura futurista, con  opere che risentono delle suggestioni dei voli spaziali come Sputnik e Terra-Luna, due studi per Astronauti.

Nonostante la portata del suo lavoro, con il passare degli anni è stata dimenticata, tanto da restare persino all’ombra dei nomi più influenti del suo stesso gruppo di appartenenza, il Futurismo.

È morta il 14 settembre 1974 per le conseguenze di una caduta accidentale nella sua casa di Milano.

La sua figura e il ruolo di anticipatrice di processi di emancipazione artistica e sociale, è stata rivalutata soltanto negli ultimi anni.

Nel 2021 la Galleria d’arte moderna di Bergamo le ha dedicato la prima retrospettiva e i suoi lavori hanno fatto parte di una grande mostra tenutasi al Centre Pompidou di Parigi e al Guggenheim di Bilbao sulle numerose donne che hanno praticato il linguaggio dell’astrazione.

La Biennale di Venezia del 2022 ha presentato delle sue opere e, l’anno successivo è stata inaugurata l’associazione Archivio Regina Cassolo Bracchi che ne raccoglie l’eredità culturale e ne cura la tutela del suo nome e della sua produzione artistica.

Regina è stata una pioniera. In un’arte, la scultura, considerata maschile,  ha sperimentato materiali inusuali, evoluto le relazioni fra parole, immagini e suoni. Si è dedicata a realtà trascurate e composto vera e propria poesia visiva. È passata attraverso il futurismo fino ad occuparsi di esplorazioni spaziali e inoltrarsi in territori sinestetici con grande leggerezza, capace sempre di stupire e incantare.

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